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Michele Vincenzo Agnoletti, Chiefs Ravenna

Con l’approssimarsi del campionato 2012, l’Head Coach Michele Vincenzo Agnoletti, ci concede un po’ del suo tempo. Dopo mesi di duro allenamento, ci racconta la sua visione della squadra e quello che significa per lui farne parte. – Cosa significa per te il football americano? Ho legato gran parte della mia vita alla pratica di […]



Con l’approssimarsi del campionato 2012, l’Head Coach Michele Vincenzo Agnoletti, ci concede un po’ del suo tempo. Dopo mesi di duro allenamento, ci racconta la sua visione della squadra e quello che significa per lui farne parte.

– Cosa significa per te il football americano?
Ho legato gran parte della mia vita alla pratica di questa disciplina sportiva. Sin dal primo allenamento capii il significato che stava dietro questo sport. Principi come passione, disciplina, fisica e mentale, impegno e costanza per raggiungere un obbiettivo, unione e fratellanza con i compagni di squadra, nella buona e nella cattiva sorte. Valori che adottai e che seguo tutt’ora, anche fuori dal campo, nella vita di tutti i giorni. Questo sport ha il pregio di estremizzare questi principi, più di ogni altra disciplina sportiva. Condividerli e viverli significa comprendere appieno l’essenza del football americano. Ed è il motivo per cui, dopo tanti anni, sono ancora qui.
– Perché hai deciso di allenare, dopo aver giocato tanti anni?
La decisione di allenare è stata per me la naturale continuazione di quanto fatto fino ad allora. Semplicemente cambiava il ruolo, che non era più in campo, da giocatore, ma sulla sideline. Esattamente come in campo ogni giocatore ha un ruolo, una responsabilità, un compito da svolgere non per se stesso ma per l’intera squadra, anche fuori dal campo si ripropone questo schema sociale. Mettermi a disposizione della mia squadra, pensando di poter portare all’interno di essa il mio bagaglio di esperienza, è stata una scelta più naturale di quanto sembri.
– Cosa significa per te allenare?
Giocare a football è una continua sfida, prima che in campo contro gli avversari, soprattutto con se stessi. Aspirare a migliorarsi come giocatore in ogni aspetto, tecnico, fisico e mentale che sia, comporta fatica e impegno costante non limitatamente ai giorni in cui ci si allena, ma ogni giorno che si vive. Scegliere di praticare questo sport significa regolare la propria vita in funzione del football americano. Allenarsi al campo, allenarsi in palestra, regolare la propria alimentazione, gestire le ore di riposo, evitare gli usi e gli eccessi di alcol e tabacco significa cambiare, e non di poco, lo stile di vita che purtroppo oggi va per la maggiore. Pur se dilettanti, quali noi siamo, i ragazzi che si approcciano a questo sport sono costretti, loro malgrado, a perseguire uno stile di vita da atleti professionisti se vogliono ottenere risultati. Per cui ogni sera che ci alleniamo mi trovo davanti ragazzi che hanno fatto questa scelta, non certo comune, e per me rappresenta un grande privilegio avere l’opportunità di allenarli e di contribuire alla loro crescita, non solo tecnica.
– Quali sono i valori di questo sport, secondo te?
Disciplina, responsabilità, impegno. Questi sono i valori fondamentali che trasmette questo sport, senza i quali non è possibile praticarlo. Non occorre dilungarmi sul loro significato, perchè già chiaro ed evidente, senza dubbi di sorta.
– I tuoi obbiettivi quest’anno con la squadra?
Quest’anno la squadra si è arricchita di molti nuovi giocatori. E ne stanno arrivando ancora, ogni sera ad allenamento. Il merito di tutto ciò va indiscutibilmente ai giocatori che già facevano parte del nostro team, che in questi mesi si sono prodigati nel reclutare nuovi possibili atleti in giro per la città, tra locali, mare e centro storico. Far parte dei CHIEFS significa sentirsi parte di un movimento che non si limita al campo, alle partite giocate, all’azione, al placcaggio, al touchdown, ma anche a tutte quelle attività al di fuori del campo necessarie per far crescere la squadra. Per cui l’obbiettivo principale che io e il mio coaching staff ci siamo posti è quello di trasmettere questa mentalità ai nuovi ragazzi che si approcciano al football americano, elemento essenziale per potergli trasmettere poi tutte le nozioni tecniche e tattiche necessarie per praticarlo.
– Il tuo metodo di insegnamento?
L’elemento principale su cui si basa tutta la metodologia del “programma” è l’insegnamento della cultura sportiva. Purtroppo mi sono reso conto, in questi anni, della mancanza di questo concetto nei ragazzi di oggi. Spesso si confonde l’idea che praticare discipline sportive “dilettantistiche” significhi andare su di un campo e giocare, sottovalutando o, peggio, ignorando l’importanza di una preparazione fisica e atletica adeguata. Non bisogna mai ignorare che il proprio corpo è lo strumento principale che permette di eseguire al meglio il gesto atletico richiesto nello sport praticato. Questa battaglia sulla preparazione fisica che i CHIEFS stanno portando avanti, anche per necessità vista la componente di “contatto fisico” presente nel football americano, ha avuto risultati altalenanti in questi anni, soprattutto a causa della totale assenza delle nozioni e dei principi teorici nei ragazzi di oggi. E proprio per questo la società CHIEFS si è dotata, in questi anni, di persone competenti in questo campo che forniscono ai nostri atleti tutte le indicazioni specifiche a riguardo, per migliorare le loro prestazioni in campo. E’ molto più facile spiegare ad un giocatore come si fa a placcare che spiegargli l’importanza di bere acqua durante un allenamento prima di sentire sete.
– So che sei il ri-fondatore della squadra, dopo la crisi di anni fa. Cosa ti ha spinto a lottare per ricreare questa grande famiglia?
Io sono tra quei fortunati che hanno avuto il privilegio di far parte della compagine dei CHIEFS degli anni 80 e 90. Ricordo bene quanto quella squadra fosse conosciuta in città, e quali risultati riuscì ad ottenere nel panorama nazionale dell’epoca, al punto che molti di quei giocatori spesso e volentieri costituirono l’ossatura della squadra nazionale, protagonista a livello internazionale. Ravenna, vuoi per la mancanza di uno sport ad altissimo livello “catalizzatore” di interessi, è sempre stata laboratorio per molte discipline sportive erroneamente considerate “sport minori”, che hanno prodotto campioni a livello nazionale ed internazionale. Per questo ritenni, insieme agli altri co-fondatori, di poter trovare lo spazio nel panorama sportivo cittadino per il football americano, con l’ambizione di ricreare quel movimento che tanto aveva dato alla città in passato. Non nascondo le enormi difficoltà che ci trovammo ad affrontare, ma la bontà di quella valutazione ci sta dando ragione, visto che dopo sette anni siamo ancora qui.
– Cosa cerchi di trasmetterei ai ragazzi, soprattutto quelli più giovani?
Ho già esposto prima il concetto di cultura sportiva. Erroneamente si potrebbe pensare alla sua applicazione in un ambito esclusivamente sportivo, di squadra, di gara o partita. In realtà esso rappresenta uno strumento educativo e formativo eccezionale per i ragazzi, che attraverso il gioco apprendono principi e valori difficilmente trasmissibili in altro modo. Tenete presente che una squadra di football americano è molto numerosa, e questo permette di avere atleti di diverse estrazioni sociali, razza, politica e religione che convivono insieme in una squadra avendo la possibilità di contribuire direttamente alle vittorie in campo, ciascuno nel proprio ruolo e con le proprie responsabilità, mettendo a disposizione loro stessi per la collettività-squadra. Nostro compito, in qualità di coaching staff, è trasmettere a questi ragazzi gli strumenti necessari per fare ciò, sia tecnici, sia atletici che mentali. Compito non facile, ambizioso e complicato. Ma come detto prima, questo sport è una continua sfida con se stessi. Una yard alla volta.

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