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Miami Dolphins: il piano d’attacco per il draft

Manca ormai poco al draft NFL 2021. Esaminiamo la posizione dei Miami Dolphins e proviamo a ragionare su come potrebbero muoversi a Cleveland.


Una ventina di giorni. Questo è il tempo che ci separa dalle notti più attese della offseason NFL: quelle del draft. A partire dal 29 aprile, a Cleveland, le 32 franchigie della lega saranno chiamate on the clock per rinforzare i propri roster con i migliori prospetti provenienti dalle squadre universitarie.

La febbre da draft, la quale ogni anno appare più contagiosa e senza alcun vaccino che possa contenerla – per fortuna non è pericolosa come il coronavirus – sta già circolando indisturbata da qualche settimana. Come tutti i loro omologhi, anche i tifosi dei Miami Dolphins non vedono l’ora che arrivi il pomeriggio (americano, la notte europea) del 29 per vedere quali saranno le mosse della propria squadra. I Fins non sono affatto stati a guardare in queste settimane di avvicinamento alla lotteria, come stiamo per vedere. Prima però, va ripetuto un concetto base del draft che ci serve anche da importante disclaimer.

Stephen Ross e Chris Grier, presidente e general manager dei Miami Dolphins. Foto: The Phinsider.

Il draft non è assoluto

Il titolo del paragrafo va preso come la principale regola, tanto per i tifosi quanto per gli addetti ai lavori, della lotteria primaverile. Nessuno può stabilire come andrà il draft preventivamente. Parliamo di giocatori indubbiamente talentuosi ma giovanissimi e che non hanno mai avuto modo di rapportarsi con la durezza e la velocità della NFL, lega sportiva nella quale militano alcuni tra i migliori atleti al mondo. Un giovane neodiplomato può sembrare la pietra angolare per una squadra durante la notte del draft e poi dimostrare di non avere il fisico, le capacità o – come spesso accade – la testa per costruirsi una carriera nella lega. La NFL non è per tutti.

Analisti, esperti, general manager, capi allenatori, articolisti e appassionati di football; nessuno di questi ha dati certi sui prospetti del draft. I giocatori che si candidano alla lotteria vengono studiati, analizzati, esaminati, incontrati, professionalmente vivisezionati, se mi si passa il termine, dagli scouting staff delle franchigie, eppure ciò non sempre è sufficiente a dare un’idea precisa di quello che potrà essere il futuro del giocatore tra i professionisti.

Lo ripetiamo sempre quando ci si avvicina al draft: non si tratta di una scienza esatta. Possiamo dire che Trevor Lawrence sia più talentuoso del QB dato al settimo giro o undrafted a questo punto della sua carriera? Naturalmente sì: chiunque mastichi qualcosa di football americano e suo fratello possono trarre questa conclusione; ciò però non è garanzia che nella NFL il fenomeno da Clemson vinca più di quel suo collega di cui nessuno sta parlando in questi giorni.

Un pratico esempio: il draft del 2000 fu una classe particolarmente povera per quanto riguarda il ruolo più importante in questo sport, quello del QB. Le prime 17 chiamate assolute andarono su altri ruoli. Poi, con la numero 18, i New York Jets chiamarono Chad Pennington da Marshall. I San Francisco 49ers fecero lo stesso alla numero 65, selezionando il timoniere di Hofstra, un tal Giovanni Carmazzi che non giocò neppure una partita in NFL. Sempre nel terzo giro, con la pick numero 75, i Baltimore Ravens chiamarono Chris Redman da Louisville. Se scorriamo fino alla chiamata 163 troviamo Tee Martin, QB dell’università di Tennessee che ha all’attivo soltanto 3 partite nella lega con i Pittsburgh Steelers che lo scelsero; cinque chiamate dopo i New Orleans Saints fecero il nome di Marc Bulger da West Virginia, uno che ora, tra le altre cose, gioca a curling. I Cleveland Browns con la pick numero 183 telefonarono a Spergon Wynn, un QB su cui c’erano aspettative ma che finì per giocare soltanto tre gare nella lega prima di chiudere la sua carriera in 3 anni e trovare lavoro come broker energetico a Houston.

Nessuno di questi 6 QB funzionò nella lega, eccezion fatta per Pennington che giocò per 11 stagioni guadagnando oltre 50 milioni di dollari e ora fa il coach oltre ad essere impegnato con la NFL Legends Community. Il settimo selezionato ha avuto miglior fortuna. Fu selezionato alla chiamata numero 199 dai New England Patriots e si chiama Tom Brady. È il migliore di sempre nel suo ruolo – e nella storia di questo sport – e non a caso ci si riferisce a lui come alla migliore draft pick nella storia della lotteria di lega. Nessuno dei 198 chiamati prima di lui è stata una scelta migliore, evidentemente.

Con questo paragrafo, intendo dire che tutto quello che segue va veramente preso con le molle. Qualunque cosa sarà scritta potrebbe rivelarsi assolutamente sbagliata in un futuro più o meno prossimo.

Una trade davvero rumorosa

Archiviata l’introduzione, entriamo nel merito di quel che potrebbero fare i Miami Dolphins al prossimo draft. Di fatto, per la squadra della Florida del Sud, la lotteria è cominciata venerdì 26 marzo, con una blockbuster trade che ha profondamente cambiato il primo giro del draft – quello più importante e che sarà affrontato in questo articolo.

Miami aveva la terza scelta assoluta, grazie allo scambio di Laremy Tunsil con gli Houston Texans datato 2019. Quella pick è stata spedita a San Francisco in cambio della loro dodicesima scelta al primo giro 2021, di una prima e una terza al draft 2022 e un’ulteriore prima nel 2023. Immediatamente dopo, i Fins hanno contattato i Philadelphia Eagles e hanno concesso loro gli utilizzi di quella dodicesima scelta e della numero 123 nel 2021, oltre a quelli della prima scelta di Miami nel draft 2022 per poter chiamare alla numero 6 e alla numero 126.

Per quanto riguarda il draft di Cleveland, dunque, Miami continua ad avere 4 chiamate nelle prime 50 assolute. Durante il primo round sceglierà per sesta e poi per diciottesima. Naturalmente, potrebbero seguire ulteriori trade, anche se sembrano poco probabili, almeno fino alla notte del 29. Questi movimenti hanno fatto scalpore, poiché ora si sa con relativa certezza che San Fran sta inseguendo un QB. Si può dunque prevedere che le tre franchigie che chiameranno per prime, ovvero Jacksonville Jaguars, New York Jets e, appunto, San Francisco 49ers, andranno tutte alla ricerca di un possibile timoniere per il futuro. I Jets destavano qualche dubbio ma in seguito alla cessione di Sam Darnold ai Carolina Panthers, ora siamo pressoché certi che opteranno per un nuovo QB.

Quarti assoluti sono gli Atlanta Falcons, i quali hanno circa una possibilità su due di fare trade down, a quanto ci dicono gli esperti di draft della NFL, agevolando una quarta franchigia alla ricerca di un QB. Sempre che loro stessi non scelgano di dare competizione a Matt Ryan, naturalmente, il quale non sembra il nome più adatto a guidare l’attacco di Arthur Smith. La pick numero 5 è dei Cincinnati Bengals, i quali tradizionalmente non prendono telefonate per trade down al primo giro, che potrebbero chiamare il tackle offensivo Penei Sewell e dare al loro giovane QB Joe Burrow quella protezione che quest’anno gli è mancata, oppure chiamare una delle tante armi disponibili in ricezione in questo draft. Alla sesta, appunto, troveremo Miami on the clock.

Nel rispetto delle norme di distanziamento sociale, più morbide negli USA data la copertura della campagna vaccinale, i Dolphins terranno un draft party all’Hard Rock Stadium il 29 aprile. Foto: Dolphins Talk.

Cosa fare con la sesta scelta?

Per i Dolphins il primo giro sarà molto importante, dal momento che avranno la sesta e diciottesima scelta, come detto. L’anno scorso le picks la prima notte furono addirittura 3 e la prima era la quinta assoluta, quella poi spesa per Tua Tagovailoa.

È importante considerare come Miami abbia – almeno finora – tutelato la sua diciottesima, senza scambiarla. Potrebbe dunque essere che abbiano già le idee chiare su come investirla. Si tratta di una selezione medio bassa, due chiamate dopo il giro di boa del primo round, un’ottima posizione, di solito, per scegliere skill players come quelli che tanto occorrono ai Fins. Potrebbe essere ancora in ballo Najee Harris a quel punto, probabilmente il miglior RB di questa lotteria, proveniente da Alabama. Il ragazzo è un prodotto ibrido, non eccelle né in velocità né in stazza, in quanto ha buone percentuali di entrambe. Harris è stato un fattore chiave nella vittoria del titolo collegiale dei suoi e potrebbe togliere molte castagne dal fuoco di una franchigia che da almeno 2 anni fatica nel ruolo di runningback. Qualora invece qualcuno lo chiamasse prima, ci sarebbe il secondo miglior RB, Travis Etienne di Clemson. Egli è meno sensazionale di Harris ma resta un grande giocatore, meno elettrico e più di sistema sicuramente, che potrebbe potenziare decisamente la rotazione nel ruolo. Non è però detto che si vada RB alla 18. Sicuramente saranno a quel punto disponibili anche WR, linee offensive e, eventualmente, CB.

La posizione di ricevitore rappresentava un grande buco per Miami ma è stata migliorata in free agency, con l’acquisizione di Will Fuller, e dobbiamo considerare che rientreranno Albert Wilson e Allen Hurns dal loro opt out year 2020. Inoltre Preston Williams a settembre dovrebbe aver recuperato dal suo infortunio ed essere schierabile. In rotazione abbiamo anche DeVante Parker, Lynn Bowden, Jakeem Grant e Mack Hollins, oltre ai più nascosti Robert Foster e Malcolm Perry, ibrido offensivo. Dalla practice squad c’è poi pronto a subentrare Kirk Merritt, che non ha mai giocato tra i titolari ma ha suscitato grande curiosità con la sua prestanza fisica. Qualora si volesse però rinforzare ancora il reparto, lo si potrebbe fare abbastanza agevolmente alla sesta chiamata, quando potrebbero essere disponibili tutti o quasi i ricevitori più chiacchierati del draft.

Il trio di WR migliori è noto ormai da qualche mese: il vincitore del trofeo Heisman per il miglior giocatore collegiale, DeVonta Smith e il suo compagno ad Alabama, Jaylen Waddle, sono due nomi fortissimi; insieme a loro c’è il fenomeno di LSU, Ja’Marr Chase, il quale ultimamente sta raccogliendo sempre maggior consenso. Sono più lontani nella classifica di ruolo Rondale Moore, da Purdue, e Rashod Bateman, da Minnesota, nulla però esclude che potrebbero arrivare sorprese. Kyle Pitts dell’università della Florida gioca invece come TE, dunque non è propriamente un ricevitore, anche se in realtà è un receiving tight end, alla Mike Gesicki per intenderci, il quale ha dato spettacolo con la divisa dei Gators. Lo stesso Gesicki è in scadenza di contratto nel 2022 e una strategia potrebbe essere quella di creare un temibile tandem di TE dalla presa sicura e creare un matchup nightmare per moltissime difese.

Con scelte così alte, ad ogni modo, non bisogna mai trascurare un rinforzo in linea. Si parla moltissimo di Penei Sewell, OT di Oregon Uni, davvero affidabile e talentuoso, almeno per quel che ha fatto vedere prima del 2020, quando ha deciso per l’opt out. Nel ruolo di tackle, però, Miami sembra essere soddisfatta di Robert Hunt in seguito a quanto messo in mostra dal ragazzo nel suo rookie year. Il nome più quotato, negli ultimi giorni, è quello di Rashawn Slater, guardia ibrida da Northwestern University.

In definitiva, chiamando alla sesta è possibile mantenere un approccio davvero duttile perché a quel punto ci saranno davvero moltissimi grandi nomi da poter chiamare, soprattutto perché inizialmente usciranno soltanto QB. Il tradizionale approccio di Chris Grier al draft, quello di scegliere il miglior giocatore disponibile, potrebbe regalarci una perla quest’anno. Non è poi detto che, qualora dovesse squillare il telefono durante la prima notte della lotteria, con un’altra franchigia all’altro capo della linea pronta a farci moltiplicare le scelte per chiamare al posto dei Fins, essa non verrebbe ascoltata (Denver? Washington? New York Giants? È poco probabile ma non impossibile.)

L’importanza di un’azione corale

Foto: The Phinsider.

Sottolineiamo nuovamente come Miami si trovi in una posizione di forza con 4 scelte entro le prime 50 chiamate. Abbiamo elencato alcuni nomi perché fa parte del gioco dei mock draft, i quali ultimamente vanno di gran moda, fare del matching tra franchigia e giocatore e abbinare cognomi a squadre. Ricordiamo però come sia piuttosto difficile, in un’ottica organica, trovare il singolo giocatore che ti cambia la squadra. Naturalmente, per uno skill player di talento è più facile riuscire a tradursi in qualche vittoria per i suoi, pensiamo per esempio all’impatto di Justin Herbert a Los Angeles sponda Chargers o a quello di Justin Jefferson per i Minnesota Vikings nella scorsa stagione, rispetto a una linea; eppure anche in quelle posizioni si corre il rischio di scegliere il profilo sbagliato. Optare ad esempio per un RB con una pick molto alta potrebbe rivelarsi un errore, nel caso in cui quel giocatore si dimostrasse un bust o non riuscisse ad inserirsi negli schemi di squadra. Un draft efficace dovrebbe puntare ad un progetto corale, non ad un solo nome. Specialmente per franchigie come questi Dolphins che non stanno inseguendo un QB.

Personalmente, anche a seguito di quanto appena scritto, vedrei bene una strategia sulle prime 4 picks indirizzata ad un rinforzo per reparto in linea – uno per l’attacco e uno per la difesa – uno skill player e un C oppure CB. Naturalmente, qualora la linea offensiva fosse già un centro o, ancor meglio, uno di quei giocatori capaci di giocare anche come centro, ciò annullerebbe questa esigenza. Ritengo che prendere un WR e un RB con le prime picks sarebbe un grosso rischio. Naturalmente, però, non sono io a fare le chiamate e dovremmo poi vedere quanto sarà rispettata questa mia strategia il 29 e 30 aprile.

La parola d’ordine dei Dolphins di Brian Flores è Trust the process, abbiate fiducia nella ricostruzione. Lo stiamo facendo e i primi risultati sono arrivati lo scorso anno. Nel 2021 ci aspettiamo un ulteriore salto di qualità.

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