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Una palla dal cielo e una yard per toccare il cielo

Una yard: è questa la misura tra una squadra da play off e una squadra forte ma non ancora pronta per vincere le partite che contano.

White one yard 3

Una yard: è questa la misura tra una squadra da play off e una squadra forte ma non ancora pronta per vincere le partite che contano.

Tutti i pronostici ci vedevano capitombolare dinnanzi a BB, che non è la bellezza (di una volta) di Brigitte Bardot, ma la cinica e vincente macchina da fooball che il duo B.B. Belichick-Brady ha creato, scrivendo anche parte della storia di questo sport.

Sin dall’inizio ci hanno fatto capire di che pasta sono fatti, se mai ce ne fosse stato bisogno: con 8 plays sono arrivati a mettere a referto il primo TD della partita grazie ad un passaggio corto sulla sinistra per Edelman che ha corso per 9 yards, vincendo anche l’ultimo placcaggio della safety Amos .

Noi abbiamo replicato trasformando un field goal dalle 28 yards, dopo essere arrivati fin lì grazie principalmente ad una corsa di Trubisky e ad un passaggio di 22 yards dello stesso per il TE Burton.

Si riparte dal kick di Parkey, preso da Patterson che si spinge fino alle loro 22, dove incontra Kwiatkoski che forza un fumble. L’ovale schizza via dalle mani dell’ex Vikings e a quelle di Houston Carson che non deve far altro che stringerlo a sé.

Primo turnover: si riparte così dalle loro 24 yards.

Howard e Cohen guadagnano yards con le loro corse e Trubisky non è da meno, portandosi a spasso la difesa di New England, facendo sembrare il suo scramble una passeggiata lungo il Magnificent Mile.

Trubisky e Whitehair

3 and 6 dalle 8 yards: i nostri due tackle, Leno jr. e Massie, non riescono a contenere Flowers e Clayborn così Trubisky, per sfuggire al placcaggio, deve indietreggiare fino alle 30 yards e da lì ripartire verso la endzone, palla alla mano, dove entra, quasi passeggiando, grazie alla strada spianata da un bellissimo blocco del nostro centro Whitehair (se avete modo di rivedervi il replay guardate il gesto con il braccio che Whitehair fa a Mitch durante l’azione).

I Patriots ripartono ma si trovano a fare i conti con il rookie DT Nichols che, prima ferma il rookie rb di New England, Michel, e poi, sempre ai danni del rb, provoca e recupera un fumble.

Nichols Chicago Bears

Il drive successivo al secondo turnover necessità di 9 plays per terminare con la corsa di Howard in touchdown.

17-7 dopo 4 minuti dall’inizio del secondo quarto.

I Bears sembrano concentrati e determinati nonostante un Mack sottotono per via dell’infortunio alla caviglia e un Robinson non al massimo della forma … sembrano

Sembrano ma non lo sono: dal kick di Parkey nasce il ritorno in touchdown da 95 yards di Patterson che, portando la partita sul 17 – 14, si fa perdonare il fumble precedente.

Patterson Patriots

Una disattenzione dello special team navy and orange che con squadre come NE non puoi permetterti!

La prova di ciò viene dal possesso palla successivo la nostro punt da parte di NE.

Brady & Co. macinano yards come sanno fare (64 yards in 12 plays), anche giocandosi un 4 and 1 (down conquistato con un lancio di 19 yards per Gordon), fino ad arrivare al touchdown su passaggio di White.

21-17 e NE riconquista il vantaggio.

Questo è il football bellezza, e questi sono i Patriots che hanno dalla loro anche un briciolo di fortuna poiché da un punt di O’Donnell, Edelman riceve sulle sue 7 yards ma non trattiene. Bellamy non riesce a recuperarla, cosa che riesce allo stesso WR – PR dei Pats!

Siamo a 1.30 circa dall’intervallo sul 21-17 e questo sarà il punteggio alla fine del secondo quarto.

Si ritorna in campo con palla a Chicago.

Trubisky indossa i panni di Alberto Tomba al cancelletto di qualche slalom speciale e si inventa una corsa fantastica di 39 yards, tra i paletti mobili della difesa di NE.

Arriva ad una yard dal touchdown (sempre una yard alla gloria ci manca) e a fermarlo è Hightower.

Qualche tentativo dopo Cohen porta gli orsi di nuovo in vantaggio su uno schema che è la falsa copia di quello che aveva portato a segnare il primo TD ai Pats.

24-21 Bears

I ragazzi sembrano in partita e ce la possiamo giocare anche se la difesa non è in formissima, ma è un sack di Smith (l’unico sack a Brady della partita) che costringe New England ad un field goal dalle nostre 11 yards (abbiamo sempre davanti i Patriots).

Proprio perché abbiamo davanti una squadra che non ti perdona nulla non puoi permetterti errori come quello di farti bloccare un punt e magari fartelo anche recuperare dagli avversari che, belli tranquilli, si fanno 30 yards e se ne vanno in touchdown e in vantaggio.

Invece così accade e il nostro special team incappa nel secondo errore della giornata: Hightower blocca il punt di O’Donnell, Van Noy recupera la palla, corre e segna!

31-24 Pats, con 14 punti messi a referto dallo special team di NE.

Ripartiamo a testa bassa e le prime giocate ci mettono fiducia: degli short pass per Burton, Howard e Cohen ci fanno guadagnare yards e chiudere down ma dopo due incompleti di Trubisky su Miller, di cui uno è più una ricezione sbagliata del nostro rookie WR che un incompleto vero e proprio (non sarà l’unica ricezione mancata che nelle statistiche comparirà come incompleti del nostro QB), arriva il primo intercetto della giornata ad opera di Jackson su Bellamy su un lancio forzato in movimento di Trubisky uscito dalla tasca.

La difesa di Chicago costringe al punt gli avversari e riconsegna la palla al nostro attacco che, tra la fine del 3° quarto e i primi minuti del 4° arriva sulle 35 yards di NE.

Qui Trubisky lancia, forse un po’ corto (se vogliamo essere pignoli e spaccare in due il capello), in profondità per Miller ma Jones, con una mano, cattura il pallone praticamente tra le mani del nostro WR. Secondo intercetto.

Se dopo il primo intercetto eravamo riusciti con la difesa a contenere NE mantenendoci a un touchdown di differenza, questa volta capitomboliamo perché Brady con White, Hogan, Barner (rb che sostituisce l’infortunato Michel) e soprattutto Gordon (autore di una ricezione da 55 yards, resistendo a 3 tackles della difesa dei Bears) arriva a due yards dal touchdown e da lì è un gioco da ragazzi, eseguito con un tempismo perfetto, far segnare White.

38-24 con 8 minuti da giocare.

La botta si sente e si vede tant’è che non riusciamo a chiudere nemmeno un down ma non ci riescono nemmeno i Pats perché sul 3 and 2 Brady, pressato da Robertson-Harris (da chiedersi perché far giocare Mack che è un fantasma di se stesso per via dell’infortunio – l’impegno dell’ex Raiders non si discute), passa a Develin che viene subito bloccato da Amos che riesce a fargli perdere la palla. Fuller così intercetta e ci fornisce l’occasione di cui avevamo bisogno.

Non ci facciamo sfuggire questo regalo della difesa e con 6 plays e con l’accoppiata Trubisky-Burton accorciamo le distanze.

38-31 Patriots con 4 minuti da giocare.

Nella gestione del tempo New England è maestra, così come nel chiudere i down, e questo ci porta a consumare tutti in nostri time out.

Arriviamo così a 24 secondi dalla fine che la palla ritorna in nostro possesso sulle nostre 20 yards.

Trubisky lancia per Miller per 14 yards.

In assenza di time out Mitch è costretto ad uno spike.

Cohen e Gabriel guadagnano complessivamente 11 yards e, uscendo in entrambi i drives, fermano il cronometro.

Mancano 2 secondi: 38-31. Un touchdown e ce la giochiamo all’OT.

Ci si gioca il tutto per tutto!

Dalle 45 yards Trubisky lancia nel profondo per White che riceve a una yard dal touchdown ma viene fermato da Harmon.

La speranza, l’illusione e la beffa.

Se White (back up di Robinson oggi a mezzo servizio, se non a un quarto) avesse segnato quel touchdown sarebbe stata forse la svolta della sua sfortunata carriera in NFL.

Una yard nel football è tutto e una yard la si conquista come squadra: con attacco, difesa, special team e coaching staff.

Ai Bears manca una maledetta yard per arrivare nell’endzone delle squadre da playoff.

Week 7: Chicago 3-3. Dal 3-1 siamo passati, dopo il bye, al 3-3. Dalla testa della NFC North siamo piombati in coda.

Mitchell Trubisky e Nagy

Se prima di Miami non eravamo dei fenomeni, dopo Miami e New England non siamo da buttare: siamo una squadra in crescita e, malgrado alti e bassi, amnesie di reparto e big plays, il trend di crescita – di squadra – si vede.

Voglio vedere il bicchiere mezzo pieno anche se ho dovuto bere amari calici in queste due domeniche.

Cesare Menini - Chicago Bears Italia

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