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Al via una nuova stagione per i Crusaders

Nel nutrito gruppo dei Blue Team Junior, la nazionale italiana giovanile di football americano, c’è anche un po’ di Crusaders. Il coaching staff capitanato dall’esperto Gianluca Leone ha selezionato 75 giocatori (su circa 160 che hanno preso parte alle combine di Forlì e di Ternate) e tra questi figura l’offensive line Francesco ‘Svitosky’ Baldussi,. Il […]


Nel nutrito gruppo dei Blue Team Junior, la nazionale italiana giovanile di football americano, c’è anche un po’ di Crusaders. Il coaching staff capitanato dall’esperto Gianluca Leone ha selezionato 75 giocatori (su circa 160 che hanno preso parte alle combine di Forlì e di Ternate) e tra questi figura l’offensive line Francesco ‘Svitosky’ Baldussi,. Il futuro geometra cagliaritano, classe 1992, ha impressionato i selezionatori nel suo ruolo di guardia sinistra. Partirà invece da riserva il defensive line Davide ‘Capello Grigio’ Dessì, che potrà essere chiamato in nazionale solo se qualcuno di suoi pari ruolo dovesse dare forfait. In verità al secondo raduno programmato dal Blue Team si erano presentati anche altri giovani crociati, freschi reduci dal campionato under 18. Alessandro ‘Articolo’ Delussu (tailback), Mattia ‘Scheggia’ Contu, (tailback) e Mirko ‘Cicogna’ Mattana (tight end) purtroppo non hanno impressionato lo staff della nazionale, ma per loro è stata comunque una bella avventura nella quale si sono potuti confrontare con tanti simili. Il ‘sopravvissuto’ Baldussi avrà modo di farsi valere nei prossimi due raduni (il primo a Colorno (Pr) fissato per il 14 febbraio, e il successivo una settimana più tardi ad Ancona) che precederanno l’incontro del 28 marzo, contro la Repubblica Ceca, valevole per la qualificazione ai campionati europei under 19. I dettagli della spedizione sarda a Varese nelle parole di Riccardo Frau, head coach dei Crusaders under 18 che ha voluto accompagnare i suoi pupilli, saranno raccontati più in basso.

PRIMA FASE CON DUE SBARCHI IN SICILIA

Il campionato a nove di football americano, organizzato dalla FIDAF, quest’anno contemplerà 26 squadre, suddivise in 6 gironi. I Crusaders sono stati inseriti nel concentramento ’isole’ che originariamente comprendeva tre team palermitani. Con il ritiro dei Tiger, sono rimasti i Cardinals e gli Shark. Non è certo un bene per i cagliaritani che come l’anno scorso, sempre a causa di un ritiro, sono costretti a giocare meno partite del previsto con effetti negativi sul processo di acquisizione d’esperienza al di là del Tirreno. L’esordio dei sardi è fissato per il 27 marzo, in casa contro i Cardinals, poi ancora impegno interno il 10 aprile contro gli Shark. Il ritorno con gli Shark è previsto per il 24 aprile, quello con i Cardinals il primo maggio. “Rispetto alla scorsa stagione sarà un campionato più fluido – rimarca il presidente dei Crusaders Emanuele Garzia – però, in virtù del ritiro dei Tigers, abbiamo chiesto agli organizzatori che ci venga riconosciuta una compensazione affinché il fatto di giocarcela solo in tre non ci penalizzi e non influisca nei confronti degli altri gironi, non é colpa nostra, purtroppo dai vertici non ci hanno risposto”. E’ già stato deciso che i crociati faranno le trasferte in nave: “Partiamo di venerdì e torniamo il sabato sera, siamo obbligati a fare così, gli aerei sono costosi, non ce lo possiamo permettere; inoltre le percentuali di rimborso viaggi da parte della federazione sono scese al 30%, ci sono tante squadre e pochi soldi a disposizione”. Tutto sembra essere immutato, anche il problema campo: “Rimaniamo sempre fuori da qualsiasi criterio di assegnazione di uno spazio idoneo, dobbiamo trovare un metodo per metterci in mostra e investire chi di dovere della nostra annosa problematica, con un terreno di gioco a nostra completa disposizione tutto sarebbe diverso” E i guai non finiscono qui: “Per ora non abbiamo ricevuto conferme per il campo da utilizzare per le due gare interne, nessuno ci viene incontro, siamo sempre l’ultima ruota del carro, è un ‘ingiustizia”.

Garzia cambia umore quando c’è da parlare dei giovani che ben hanno figurato nel recente campionato under 18: “Ci sono dei ragazzi che promettono bene, sono convinto che nella senior si confermeranno. Poi c’è il convocato in nazionale e per noi è un motivo d’orgoglio perché sul vivaio abbiamo lavorato assiduamente”.

L’HEAD COACH GIACOMO CLARKSON: RADICALE MA NON TROPPO

Il gruppo è leggermente più numeroso rispetto alla stagione 2009. “A parte le solite defezioni per morte naturale, da parte di chi capisce che non è roba che fa per lui”, aggiunge ironicamente l’head coach della senior Giacomo Clarkson, coadiuvato anche quest’anno da Aldino Palmas (offensive coordinator), Giovanni Manca (defensive back coordinator, vedi intervista in basso) e la new entry Riccardo Frau (allenatore running back e assitente di Palmas).

“Grazie agli innesti della giovanile siamo un po’ di più rispetto alla scorsa stagione – continua il capo allenatore – penso sia meglio lavorare con ragazzi della società piuttosto che con chi pensa di poter giocare a football a 30/40 anni”.

Delle due avversarie palermitane non sa assolutamente nulla, come al solito bisognerà aspettare la prima partita ufficiale per capire qualche cosa di più: “Posso intuire il tipo di gioco che può mettere in mostra il qb Zappalà dei Cardinals, difficilmente si riusciva a bloccarlo, però è anche vero che sono passati degli anni, può aver modificato metodo di gioco, è inutile fare congetture adesso”. Non si definisce un radicale, però vorrebbe che su alcuni punti della sua filosofia non ci fossero dubbi o perplessità: “Gli sport agonistici che non si limitino a meri raduni amicali devono avere una certa disciplina, perché sennò ti accontenti di giochicchiare, ti accontenti di vincere qualche partita ed è finita lì. Se l’idea è questa, a me sta bene, chi se ne frega, ti alleni quando ti capita, però, se l’idea è di fare un progetto, vincere le partite e non solo, cercare di puntare in alto, allora bisogna fare le cose in un certo modo. E l’unica maniera per ottenere qualcosa di concreto è di essere un minimo radicali”. E poi Clarkson fa degli esempi: “D’altro canto mi capita di vedere in televisione degli allenatori della NFL che pur non essendo radicali, sono molto peggio di noi, urlano come forsennati, mettono multe a tutto spiano, trattano malissimo tutti quanti; se lo fanno loro con dei professionisti, mi chiedo perché quantomeno non lo si possa fare anche noi”. Ma alla domanda se il suo plotone sta rispettando le consegne, l’avvocato cagliaritano si ammorbidisce: “Si stanno comportando bene, bisogna dire la verità, stanno venendo all’allenamento puntuali nei limiti in cui possono farlo per le esigenze di lavoro e di studio, poi ci sono quelli che spariscono perché rimangono dubbiosi sui metodi, mentre quelli che provengono dalle giovanili non battono ciglio perché conoscono questo sistema e non trovano nulla di strano; lo trova strano chi non lo ha mai sperimentato, chi ha sempre fatto sport ad un certo tipo e a un certo livello e non si rende conto ancora che il football richiede più sacrifici delle altre discipline”. E poi riaffiorano i problemi legati all’insularità e al fatto che in Sardegna esistano solo i Crusaders: “L’impossibilità di confrontarci fuori stagione con altre squadre, il non poter fare amichevoli, grava sui giocatori che deficitano in esperienza, soprattutto quelli che hanno alle spalle un solo campionato. Il football è uno sport da colpo d’occhio, i trucchi li impari giocando, se per forze di cose disputi tre, quattro partite all’anno non vai molto lontano; le altre squadre hanno più possibilità in questo senso, si confrontano, girano, noi purtroppo, no .Il periodo è quello che è, non circolano soldi, nessuno vuol venire qui a giocare”.

GIOVANNI MANCA, CRUSADERS PUROSANGUE, ALLA RICERCA DEL KARMA PER LA SUA SQUADRA

Dai gladiatori più intimi é soprannominato l‘Imperatore Mazinga. Giovanni Manca da Lanusei/Cagliari profuma come una legatoria secolare pregna di preziosi testi sacri, lui che il movimento sardo del football l’ha visto nascere ed evolversi cinque lustri fa. Quello nei confronti dei Crusaders è un amore incondizionato. Riflessioni, punti di vista e ragionamenti di un pioniere del football in Sardegna, attualmente collaboratore di coach Clarkson, in qualità di assistente per i defensive backs.

Come ti sei innamorato della palla ovale?

In maniera del tutto casuale. Era una sera di gennaio del 1983 e con mio fratello Carlo cercavamo qualcosa da guardare in TV. Erano gli inizi di Canale 5 e quel nuovo canale ci incuriosiva (ah a sapere prima i danni che avrebbe provocato!!) per cui girammo là. Andava in onda il Superbowl n° 17, Washington Redskins-Miami Dolphins (27-17 per la cronaca) e rimanemmo incuriositi da questo strano sport, visto, fino ad allora, solo nei film.

Hai resistito sino alla fine?

Beh….mio fratello è andato a letto dopo due quarti, io sono rimasto a guardare quattro ore di partita senza capire granché, ma totalmente affascinato da quel mondo. Da allora non mi sono più staccato da questo sport, cominciando a fare dei camp estivi e poi trasferendomi a Cagliari quando fondarono i Sirbons, la prima squadra sarda.

I Sirbons…altri tempi che sfiorano la leggenda

C’era senz’altro un entusiasmo enorme, anche perchè tutto il movimento del football in Italia era in grande fermento. C’erano 25 squadre in A, 25 in B e 25 in C. Più le giovanili che tante squadre di seria A avevano. La TV trasmetteva regolarmente in chiaro le partite, c’erano due riviste mensili che parlavano di football, fatte molto bene.

Cose favolose che con il tempo non sono durate

Tutto si è calmato, secondo me con l’avvento delle TV a pagamento che hanno preso i diritti sul football della NFL.

A Cagliari poi ci si allenava con pochi mezzi, anche senza attrezzature, però la passione era tale da farci dimenticare tutto. Anche le cose spiacevoli ovvio.

A quali cose ti riferisci?

Per fare un campionato ci abbiamo messo tre anni. Tipo che la società che avevamo alle spalle era troppo disorganizzata e che se non fosse stato per il nostro coach di allora probabilmente non saremmo riusciti a fare neanche quel campionato.

Poi arrivarono i Crusaders

Sì, dopo un timido tentativo di rifare i Sirbons, nacquero i Crusaders. Il progetto era molto più serio e ho aderito subito con entusiasmo. Prima come giocatore e poi, con qualche intervallo per motivi di lavoro, come allenatore.

Cos’è il football per te?

E’ sicuramente una parte importantissima della mia vita. A 17 anni sono andato via di casa per venire a Cagliari a giocare con i Sirbons. Per me è sempre stata una cosa molto seria, che non può essere presa solo come un hobby. Almeno se vuoi ottenere determinati risultati, altrimenti…

Altrimenti?

Altrimenti rimane un hobby, appunto.

Lo dice anche l’head coach Clarkson. Ma dove sta la differenza tra hobby e impegno più serio? Qualche esempio?

Per esempio non andando in palestra. Il fisico potenziato è una componente essenziale per fare questo sport.

Per esempio non venendo a tutti gli allenamenti possibili o non arrivare puntuali. Queste sono sempre una totale mancanza di rispetto verso i tuoi compagni e verso i tuoi allenatori e una squadra ne risente perchè non riesci a lavorare come vorresti..

Oppure non essere ordinati durante gli allenamenti, perchè una squadra non ordinata in allenamento non lo sarà anche in partita.

Ci sono anche degli altri aspetti che andrebbero monitorati con più attenzione?

Si, per esempio quello relativo al versamento delle quote societarie: non pagandole regolarmente si crea un danno, perchè senza quelle non si può fare nulla.

C’è una soluzione a questo malessere , prima che diventi cronico?

Innanzi tutto deve esserci reciprocità, perchè anche allenatori e società devono dare per primi l’esempio. Quindi arrivare in orario, supportare i giocatori che dimostrano il maggiore impegno ed il maggiore attaccamento alla squadra, aggiornarsi sempre anno su anno, mettere a disposizione gli strumenti per lavorare al meglio.

Un lavoro non semplice ma che dovrebbe affascinare tutti gli appassionati, in teoria.

Volenti o nolenti, giochiamo ai massimi livelli del football italiano, siamo in terza serie, per cui se si vogliono ottenere risultati reiterati nel tempo bisogna essere organizzati e lavorare tutti su un obiettivo comune. E quest’obiettivo secondo me deve essere quello di puntare a vincere il campionato nazionale, quello vero a 11.

E questo non sempre è successo?

Spesso ci si è lasciati trasportare e, oserei dire, ingannare, da qualche piccolo successo ottenuto. Per esempio dopo la vittoria del campionato della Nine League del 2004. Abbiamo pensato di essere arrivati, e ci si è lasciati un po’ andare, con conseguenze che potevano diventare disastrose.

In che senso?

Nel senso che quella vittoria doveva essere utilizzata per organizzarci meglio e crescere ulteriormente, cosa che purtroppo non è accaduta. Forse non sarebbe stato così, ma con il talento che avevamo in squadra all’epoca secondo me potevamo vincere almeno un altro campionato, e porre le basi per una squadra vincente negli anni. Per carità, io ero in squadra anche allora, per cui mi assumo anche io tutte le mie responsabilità.

Quindi cosa sogni per questa squadra?

Un’ organizzazione fatta da persone, ruoli e regole precise e, soprattutto, conosciute e condivise. Dove tutti sanno cosa fare e rispettano le regole che ci si è dati a tutti i livelli e tutti danno il loro contributo nei limiti dei compiti prestabiliti. E’ ovvio che le regole devono anche essere applicate, non sono stabilite.

Il fine qual’è?

Creare una vera identità di squadra, dove chiunque si avvicinerà ai Crusaders saprà che si arriva in orario all’allenamento, si pagano le quote, si gioca solo se te lo meriti e ti sei impegnato. Dove ogni fase della stagione è programmata. Dove ogni singolo allenamento è programmato. Dove i giocatori sanno sempre cosa fare. Dove la società è presente e programma con te la stagione. Dove si hanno sempre gli strumenti adeguati per svolgere un buon allenamento. Dove le squadre giovanili formino non solo dei giocatori di football, ma anche dei veri Crusaders, ossia giocatori che quando passando alla squadra senior sappiano già in quale contesto entreranno e non ne subiranno il trauma perchè sono abituati al sistema.

In soldoni?

Solo così potranno cambiare le persone, ma l’identità di una squadra resta. E allora non vincerai solo una partita o un campionato. Ma sarai sempre ai vertici, campionato dopo campionato.

Ma non siete dei professionisti.

Come dice Ninni (Marongiu, del coaching staff giovanile ndr) non occorre essere professionisti, ma professionali. Non ci vuole molto e si perdono molte meno energie. Se avessimo un’organizzazione maggiormente dettagliata e regole oggettive e condivise si risparmierebbe un sacco di tempo che ciascuno di noi potrebbe dedicare al suo vero lavoro, sia all’interno dei Crusaders, sia quello per il quale si viene realmente pagati.

Ma va poi tutto così male?

Assolutamente no. Ci sono aspetti assolutamente positivi e i vent’anni continuativi di questa squadra lo dimostrano.

Per esempio?

C’è tanto talento in squadra, tante persone entusiaste che ci mettono ogni giorno il loro tempo sia in società che sul campo, un buon clima anche al di fuori dal campo tra i giocatori, allenatori con ottime potenzialità e buona esperienza, gli allenamenti sono un po’ meglio programmati e organizzati rispetto a qualche anno fa. Pur essendo meno addentro alle dinamiche interne quest’ anno, sto notando con piacere che uno sforzo in tale direzione lo si sta tentando.

Andiamo al sodo.

Bisogna tendere sempre a migliorare sempre e non regredire,  perchè i tempi del pionierismo stanno finendo e bisogna essere pronti ad affrontare la prossima sfida.

Quale?

Quella di una federazione che si sta organizzando nella maniera corretta. Stanno unificando le varie leghe, il numero delle squadre sta aumentando, si sta ricominciando a vedere un po’ di football italiano anche in TV. Prima o poi quindi la competizione aumenterà e chi sarà preparato sarà vincente, altrimenti si rischia solo di sopravvivere.

Come diceva un vecchio saggio…”questo è il mio pensiero”.

RICCARDO FRAU RACCONTA LA SPEDIZIONE DEI CINQUE IN NAZIONALE

Gli ha accompagnati come se fosse un padre putativo. Riccardo Frau, head coach della giovanile under 18 non ha voluto perdere d’occhio i suoi piccoli crociati neanche quando in cinque sono andati in Lombardia a sostenere le prove per il reclutamento nei Blue Team, la nazionale giovanile di football americano.

Com’è cominciata l’avventura?

A dicembre ci hanno contattato chiedendoci se avevamo qualche ragazzo da inviare alla selezione della nazionale riservata ai nati dal 1991 al 1993. A fine campionato si è deciso per tre giocatori meritevoli, più e altri due come premio. Nella prima categoria ho inserito Davide ‘Capello Grigio’ Dessì, Francesco ‘Svitosky’ Baldussi e Alessandro ‘Articolo’ Delussu. I ragazzi per un mese intero mi hanno stressato per chiedermi chi fossero i prescelti, e poi, nel corso della pizzata di fine anno ho comunicato i nomi dei cinque.

E poi c’era da decidere il duo dei premiati, non sarà stato semplice

Beh, alla fine ho optato per la cosa che ritenevo più giusta. Per Mattia ‘Scheggia’ Contu (tailback), 19 anni, si trattava dell’ ultima possibilità di farlo andare, visti i limiti d’età. Con lui anche Mirko ‘Cicogna’ Mattana – tight end, essendo molto giovane, gli abbiamo dato la possibilità di fare un po’ di esperienza.

Dev’essere stato tutto bellissimo

Certo, a parte qualche malumore. Noi abbiamo partecipato al combine di Ternate, in provincia di Varese, C’erano 110 persone e questo è stato un problema perché in realtà dovevano essere in 75, ma alla fine sono venute altre persone che avevano partecipato anche alla prima selezione. In realtà queste persone hanno rubato spazio a chi invece si è sobbarcato un lungo viaggio per andare sin lì.

Il riferimento al gruppo dei sardi non è del tutto casuale

Per noi è stata un’avventura arrivare, trovare i biglietti e una macchina da 7 posti, abbiamo preso un volo low cost per Bergamo, e poi ci siamo sciroppati altri 180 km per arrivare a Varese. La mattina siamo arrivati alla selezione con tre quarti d’ora di ritardo Poi, finito il concentramento, siamo di nuovo scappati per Linate, giusto in tempo per acchiappare il volo per il ritorno.

Sei voluto essere a fianco dei tuoi giocatori a tutti i costi

Sono andato perché erano coinvolti i miei ragazzi e in più per fare esperienza, ero molto curioso di vedere all’opera degli allenatori che hanno assaggiato dei livelli di football superiori al nostro, sicuramente c’è qualcosa da imparare. L’allenatore del Junior Blue Team, la nazionale italiana di football americano, Gianluca Leone, è stato allenatore delle giovanili dei Marines che hanno vinto l’under 23. E’ una persona qualificata. Al raduno c’era anche Olivo James Brockman , il coach della nazionale maggiore.

Qual’è stata la tua prima sensazione nel vedere tanti giovani ansiosi di esibire il proprio talento ?

Non mi aspettavo di andare lì e di vedere ragazzini sotto i 19 anni con dimensioni pachidermiche. A parte tutto ho visto i nostri ragazzi con un livello pari agli altri, non avevamo nessun complesso d’inferiorità, semmai lì si giocava a football ad 11, e in questo caso puoi essere veloce e dotato tecnicamente ma il football è sempre uno sport di contatto e contano le dimensioni.

Vuoi dire che i nostri erano da subito tagliati fuori?

Faccio un esempio. I nostri runner erano più abili nel portar palla rispetto agli altri, che però avevano la preparazione per poter reggere una partita ad 11. Siamo penalizzati ma non ci possiamo fare niente, o rimpinziamo i nostri ragazzi di maialetto e pasta al forno, o altrimenti ci accontentiamo di averli veloci e piccoli, adoperandoci a sviluppare un gioco idoneo a queste caratteristiche.  In nazionale l’allenatore ha in mente un tipo di gioco e quindi cerca chi può fare al caso suo, se tu, pur bravo, non sei in grado di interpretare il gioco scelto, non hai speranze.

Discorso a parte invece per quanto riguarda Francesco Baldussi

Nel corso della selezione si vedeva che Francesco aveva impressionato positivamente il coaching staff perché lui è sempre stato prescelto nel primo attacco, come guardia sinistra titolare, mentre tutti gli altri hanno ruotato. Tra i cinque era quello che aveva meno speranze di essere preso, invece si è allenato , si è impegnato, ha fatto quello che gli abbiamo insegnato, è stato bravo e come premio è stato convocato.

E sulle prestazioni degli altri Cru che mi sai dire?

Scheggia e Articolo, che si stavano allenando con i Runner, a parer mio hanno fatto una bella figura, si sono dimostrati pronti tecnicamente, il problema è quello delle dimensioni fisiche, il coaching staff della nazionale stava cercando giocatori con una determinata stazza, purtroppo i nostri atleti non avevano le caratteristiche fisiche richieste, hanno fatto quel che hanno potuto, il tight – end Cicogna, reduce da un infortunio alla caviglia, è andato ugualmente, non era forse il tipo di giocatore che volevano. Loro cercavano un uomo abile nel correre le tracce e ricevere il pallone. Lui però è molto più bravo nel fare i blocchi di linea. Per noi lui è un uomo di linea aggiunto, piano, piano si può trasformare.

E i tuoi Under 18 si stanno allenando con la senior?

Dopo il campionato ho sottolineato che, chiunque fosse stato in grado di andare in senior, sarebbe potuto andare. Non tutti hanno il permesso delle famiglie, d’altronde si rientra a casa alle 11. E la cosa non mi stupisce, a me piacerebbe che venissero tutti, ma se ritornano a casa stanchi, non studiano, vanno male a scuola e si fanno bocciare, le famiglie hanno tutte le ragioni del mondo per trattenerli a casa. Se danno la parola, la devono mantenere, perché poi fanno fare una brutta figura alla squadra e a sé stessi. Quindi è meglio che se non ne hanno voglia, non prendano l’impegno e semmai si rendano disponibili per la giovanile.

Chi sta andando regolarmente agli allenamenti della senior?

Capello Grigio, Svitosky, Scheggia, Figurina, Romellini, Articolo, Cicogna, Enrico De Magistris, Francesco Loi, Alessandro Ortu e Riccardo Cuccu. Quest’ultimo ha appena 15 anni, è una giovane promessa dei Cru, se avesse avuto 16 anni, sarebbe certamente andato alle selezioni nazionali. Poi ci sono dei ragazzi che avevano dato la parola e che poi si sono rivelati una delusione: King, Riccardo Tocco, Federico Siddi: un caso a parte rappresenta Raffaele Boccia, assente per effettivi motivi di studio. Gli altri tirano fuori delle scuse poco credibili. Devono prendere una decisione, se far parte di questa squadra o meno.

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