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I Miami Dolphins tra aspettative e realtà

Riparte la stagione NFL anche per i Miami Dolphins. C’è ottimismo nell’ambiente ma quanto è ben riposto? Approfondiamo nell’articolo.


Finalmente la NFL è ricominciata. Il tempo degli articoli e delle chiacchiere sta volgendo al termine. D’ora in avanti si parlerà – o scriverà, nel nostro caso – con cognizione di causa. I risultati saranno infatti pronti e disponibili per essere analizzati, confrontati e sviscerati, così come le statistiche, la vera chiave di lettura di questo sport.

Prima di farlo, però, c’è ancora tempo per un articolo speculativo. Tutte le franchigie possono ancora sperare di fare una stagione memorabile, perfetta addirittura – Los Angeles Rams a parte, dal momento che sono stati sconfitti 31 a 10 da degli ottimi Buffalo Bills, durante il kickoff game.

Eccoci dunque a tentare di tratteggiare la stagione che verrà per i Miami Dolphins, un ambiente intorno al quale vi sono enormi aspettative ma attenzione a non lasciarci trasportare troppo.

Una offense di Serie A

I puristi della palla ovale – gruppo nel quale si colloca anche chi scrive, by the way – perdoneranno la metafora calcistica usata nel titolo del paragrafo; si tratta soltanto di una scelta di registro che possa essere chiara e immediata a chiunque. È necessario partire da qui, dalle considerazioni sull’attacco parlando di Miami. Rispetto alla scorsa stagione, infatti, il reparto è enormemente migliorato, tanto che possiamo definirlo di un altro livello senza timore di essere smentiti. Basta leggere la lista dei 53 a roster e confrontarla con il team 2021 per rendersene conto.

La scorsa stagione avevamo buoni ricevitori come DeVante Parker, Preston Williams e Albert Wilson. Quest’anno nessuno dei 3 è più in squadra. È rimasto Jaylen Waddle, detentore del record per il maggior numero di ricezioni durante la prima stagione tra i professionisti; è arrivato da Dallas Cedrick Wilson, affidabile paio di guantoni; è in squadra anche l’atteso Erik Ezukanma, matricola che ha impressionato durante il training camp e, soprattutto, c’è un nuovo sceriffo in cima alla depth chart, ed è il quindicesimo miglior giocatore della lega: il ghepardo Tyreek Hill. Il tandem composto da lui e Waddle è il più veloce in NFL.

Il nuovo capo allenatore Mike McDaniel, architetto dei successi offensivi a San Fran, è uno che ama correre, come ben sa chi ha visto anche soltanto qualche scampolo delle partite dei 49ers in tempi recenti. Non a caso troviamo Raheem Mostert, Chase Edmonds e i noti Myles Gaskin e Salvon Ahmed nel backfield, oltre al FB Alec Ingold e al versatile Cethan Carter, TE che non disdegna qualche corsa come FB, nel caso in cui occorra togliere punti di riferimento alla difesa avversaria. Anche in questo ruolo, dunque, il miglioramento è sensibile.

Tutto ovviamente resta soltanto potenziale qualora il direttore d’orchestra stoni, ecco perché Hill e gli altri potranno fare ben poco se Tua Tagovailoa non li rifornirà di palle ovali. Alle sue spalle, in caso di infortunio o – Dio ce ne scampi – scelta tecnica, ci sono l’affidabile Teddy Bridgewater, il quale è però parso sottotono durante il camp, o il rookie Skylar Thompson, artefice di una preseason da incorniciare e dunque già amatissimo dai supporters verde acqua. Precisiamo subito ad ogni modo, prima di mettere in graticola l’hawaiano senza fargli giocare neppure un minuto, che la preseason del numero 1 è stata positiva ed è lecito aspettarsi un suo sensibile miglioramento rispetto al 2021.

Come si anticipava, l’attacco di quest’anno appare ben più incoraggiante di quello dell’ultima gestione.

Quanto possiamo essere ottimisti?

Jaylen_Waddle_TD

Jaylen Waddle esulta dopo un TD, durante la scorsa stagione. Foto: BVM Sports.

Se a un buon attacco aggiungiamo una grande difesa, confermata pressoché in blocco a partire dal coordinatore difensivo, Josh Boyer, che è restato al suo posto e ha incassato piena fiducia da McDaniel, il quale gli lascerà chiamare gli schemi della defense, possiamo quindi essere ottimisti e immaginare una stagione che prosegua finalmente anche a gennaio, per i Dolphins?

Iniziamo scrivendo che numerosi analisti di livello, come quelli pagati dalla NFL per orientare gli appassionati di football e tenerne vivo l’interesse durante la troppo lunga offseason del football professionistico, i quali – soltanto fino a prova contraria – godono di un’attendibilità superiore rispetto a un insider di Touchdown Magazine, collocano Miami ai playoff AFC per il 2022. Questo può bastarci?

Personalmente, sarei un pò meno positivo. Non per essere pessimista, naturalmente, da tifoso mi auguro che i Fins facciano molto meglio che partecipare ai playoff. Realisticamente però, ci sono delle difficoltà. Vediamole.

Molti pesci nello stagno

Innanzitutto, teniamo presente il livello degli avversari. In AFC ci sono degli squadroni. Soltanto nella AFC East abbiamo i Buffalo Bills, che sono una potenza e, forse, la squadra migliore della conference (dopo la partita al SoFi Stadium, sono la prima franchigia in svariati Power Ranking di lega). A Nord troviamo i Cincinnati Bengals, che qualche mese fa la AFC l’hanno vinta, e i Baltimore Ravens. A Sud troviamo Indianapolis Colts e Tennessee Titans, due team che sulla carta spaventano meno di quanto hanno fatto recentemente ma che schierano in campo, rispettivamente, Jonathan Taylor e Derrick Henry, ovvero i due migliori HB della NFL – senza dimenticare i vari CMC, Alvin Kamara, Dalvin Cook e Nick Chubb, naturalmente, ma il loro rendimento 2021 parla chiaro. La AFC West è probabilmente la migliore division in lega, perché ai Kansas City Chiefs, contenders già da qualche anno, si affiancano squadroni come Los Angeles Chargers, Las Vegas Raiders e Denver Broncos, elencati in un discutibilissimo ordine di pericolosità del roster, i quali si sono tutti potenziati – e non poco – nella scorsa offseason. Abbiamo elencato già una decina di squadre e i posti in postseason sono solo 7 per conference.

Inizio in salita

Lo svantaggio di avere i Bills in division è che potresti perdercele entrambe, sia in casa sia fuori. Ricevere uno sweep dai ragazzi di Sean McDermott è una realtà che abbiamo imparato a conoscere negli ultimi anni. La sfida con i New England Patriots sarà verosimilmente equilibrata, specialmente al Gillette Stadium. Anche battendo due volte su due i New York Jets, cosa che non scandalizzerebbe nessuno perché la gang green ha molto lavoro da fare per diventare competitiva, non si andrà oltre un secondo posto ad est.

Il calendario, poi, non dà esattamente una mano ai pinnati. Baltimora, Buffalo e Cinci saranno gli avversari di Miami in settembre, dopo il season opener in Florida, contro i Pats. Si potrebbe arrivare a ottobre con uno score di 1-3, sempre che non si cada in una trappola di Bill Belichick al debutto. Con un simile inizio, è facile cedere psicologicamente e rimanere nei vagoni di coda del treno playoff. Di contro, se invece si otterranno un paio di inattese vittorie in quel trittico di sfide complicate, ecco che si sarebbe in ottima posizione nel primo quarto di stagione, periodo spesso fondamentale per andare alla wildcard.

Dobbiamo allora essere pessimisti perché sfidiamo squadre forti presto? No, perché è un ottimo modo per vedere chi siamo, se ci meritiamo o meno questi playoff. Se si vuole vincere, e l’intero staff dei Dolphins continua a ripetere di volerlo fare, da Stephen Ross agli addetti alla rizollatura dell’Hard Rock Stadium – la cui professionalità è indispensabile tra i pro – non si possono temere le squadre forti. Si tratta della NFL, non del campionato di flag football per pensionati – con il massimo rispetto per il divertentissimo sport del flag football e la massima invidia per chi può godersi la pensione, naturalmente – e nella NFL sono poche le franchigie di second’ordine.

Dunque la risposta è che non c’è una risposta, perché non ce l’abbiamo ancora per fortuna, cosicché possiamo goderci i ragazzi quando scenderanno in campo. L’ottimismo a inizio stagione è tratto comune a ogni tifoseria, in fondo tutti sperano di poter fare bene. Siamo però cauti, perché altrimenti otteniamo solo il risultato di farci salire la bile, ed è una situazione nella quale ci troviamo da più o meno 20 anni, tifando questa franchigia!

 

 

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