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Miami stecca anche in casa, recap di Vikings@Dolphins

Non c’è 2 senza 3 e i Miami Dolphins inciampano ancora, in casa, contro i Minnesota Vikings. Il breve racconto della sfida e le prospettive a medio termine.


Sic transit gloria mundi, come dicevano i latini. Una stagione che era cominciata nel migliore dei modi per i Miami Dolphins, con uno score di 3-0 nelle prime 3 uscite, è ora tornata alla linea di galleggiamento del .500 di percentuale vittorie, dato dallo score di 3-3.

Dopo due sconfitte consecutive – bruttissime – fuori casa, in week 6 è arrivata anche la stecca casalinga, in una sfida più equilibrata delle due precedenti, contro i Minnesota Vikings.

Ciò non significa comunque nulla, poiché una sconfitta è sempre una sconfitta in questa lega. Ora, con una nuova L, i Fins sono terzi nella loro division, sopra i New England Patriots soltanto in virtù dello scontro diretto e, a vederli in campo, sono di gran lunga la franchigia meno convincente delle 4.

Una serie di sfortunati episodi

La partita rimane apertissima e molto equilibrata nelle prime fasi, con i Miami Dolphins che hanno molto da recriminare di fronte al proprio pubblico. La difesa di casa, infatti, gioca benissimo, forte del rientro dall’infortunio del suo giocatore probabilmente più rappresentativo, Xavien Howard, e dalla determinazione dell’intero reparto.

I Minnesota Vikings faticano moltissimo – e lo faranno per l’intera partita – a muoversi lungo il campo quando avranno il possesso dell’ovale e saranno fortunati perché la offense dei pinnati – orfana di 2 QB anche in questa partita in quanto lo starter di giornata, Skylar Thompson, si farà male al pollice, venendo sostituito da Teddy Bridgewater, QB2 in depth chart ma per l’occasione riserva della matricola Thompson – si autosaboterà per larghi tratti del match.

Nel primo quarto e mezzo Thompson comunicherà benissimo con Tyreek Hill, sempre più WR1, Jaylen Waddle – molto sfortunato nella partita, come vedremo – gregario ideale e anche con il TE Mike Gesicki, un pò assente nel primo mese di questa stagione ma che ora sembra aver ritrovato forma e presenza in campo. Il backfield sarà guidato da Raheem Mostert, schierato da RB1 per la seconda giornata consecutiva e ancora preferito a Chase Edmonds. Persino la linea terrà abbastanza bene. Sfortunatamente, però, l’unità sarà falcidiata da infortuni che segneranno l’intera gara, limitando il tempo di decisione dei QB.

I primi a segnare saranno i padroni di casa, grazie a un buon FG lungo 44 yards realizzato da Jason Sanders. Data la performance difensiva, però, in quel momento Miami poteva già essere sopra di un paio di segnature. La molla della marcatura accenderà all’istante i Vikes, che nonostante l’arcinota intermittenza del loro QB Kirk Cousins, attiveranno in quel possesso i loro uomini migliori: Adam Thielen e Justin Jefferson. I due riceveranno bene, muovendo la catena fin sulle 2 offensive, da dove il TE Irv Smith non avrà grosse difficoltà a entrare in meta.

Altro protagonista per gli uomini in viola sarà Za’Darius Smith, sempre in faccia a Bridgewater (che prenderà stabilmente il posto di Thompson, causa infortunio, dal secondo quarto) o ad arginare i corridori. In seguito all’errore di Sanders, su un calcio difficile lungo 52 yards causato proprio dalla dirompenza di Smith, l’ex Dolphins Greg Joseph, ora kicker a Minneapolis, troverà il FG del momentaneo 10-3.

Qui rallentiamo un attimo il racconto perché dobbiamo approfondire i frangenti all’origine dell’opportunità del field goal, in quanto sono direttamente legati a quanto avverrà nel finale di gara.

Una giornata da dimenticare

Jaylen Waddle è un giocatore di cui si scrive spesso e volentieri in maniera positiva. Questa volta, però, è probabilmente il principale responsabile della debacle dei suoi, in casa, di fronte a dei Vikings forse superiori come roster ma non certo di molto.

Gli episodi chiave che vedono il numero 17 come protagonista negativo sono 2: il primo, non imperdonabile, è quello che consente ai Vikings di allungare grazie a un FG. Waddle riceve un lancio preciso seppure troppo veloce, non lo controlla al meglio e si lascia sfuggire l’ovale che, in maniera anche fortunosa, carambola tra le mani di Harrison Smith. L’intercetto sarà assegnato dopo la prova tv nonostante le immagini non siano cristalline: non si riesce infatti a comprendere bene se la palla tocchi terra prima di venire controllata dal difensore. Come già raccontato, quel turnover sarà trasformato in 3 punti per gli ospiti.

Il terzo quarto è il peggiore della partita, per entrambe le formazioni. Si susseguiranno punt su punt, anche a causa di buoni interventi difensivi tra cui spiccano quelli di Elandon Roberts e Raekwon Davis per i Fins e Patrick Jones per i Vikes, fino al momento in cui salirà in cattedra Dalvin Cook, il quale con un filo di gas aprirà la strada a un TD griffato Thielen e poi si metterà in proprio, con una meta al termine di una corsa lunga 53 yards sulla quale la difesa, mal piazzata e visibilmente affaticata, non potrà nulla.

Prima di questo fantastico TD, però, ci sarà modo di assistere al più grave errore di Waddle. In seguito a un paio di TD realizzati da Gesicki i padroni di casa, con momentum favorevole, sembrano poterla riaprire. Bridgewater prende le decisioni corrette e i suoi compagni di reparto lo seguono, numero 17 compreso, tanto che una sua ricezione lunga pare essere proprio quel che Miami sta cercando. Sfortunatamente, però, l’ovale sfugge dalla presa, rovina a terra e viene raccolto dalla difesa. In seguito a questo episodio Cook troverà il TD lungo e Thielen la conversione da 2 punti, fissando il punteggio sul 24 a 16 finale. Nel rabbioso drive di risposta, infatti, Bridgewater si farà intercettare da un redivivo Patrick Peterson, nel play che sigilla la gara.

Diversamente da quanto visto contro Cincinnati Bengals e New York Jets, Miami questa partita la combatte, giocandosela ad armi pari con gli avversari dall’inizio alla fine. Non è però possibile commettere leggerezze come quelle di Waddle o della linea offensiva, la quale si mette in evidenza per la sua mancanza di disciplina. Durante il primo quarto, i grossi si faranno infatti fischiare ben 5 penalità a sfavore, tutte nello stesso drive: si tratta ovviamente del record, in negativo, per questa stagione.

Stagione compromessa?

A questo punto, dopo aver terminato un’analisi dei momenti salienti della sfida contro Minnesota, una partita non bella e piuttosto noiosa, per lunghi tratti, vediamo un attimo che cosa comporti questa tripletta di sconfitte per Miami.

La matematica non esclude ancora i Dolphins da nulla, tanto che i giochi playoff appaiono ancora aperti in una AFC dominata da Buffalo Bills e Kansas City Chiefs ma che non ha altre franchigie irraggiungibili. Sia i campioni in carica di Cincinnati che la powerhouse di Baltimora, infatti, stanno incontrando difficoltà lungo il loro percorso mentre squadre meno attrezzate ottengono risultati importanti. Considerato che in week 7 torneranno sia Tua Tagovailoa sia, soprattutto mi sentirei di scrivere, la guardia Terron Armstead, l’ambiente vicino ai Fins può essere ancora moderatamente ottimista.

D’altra parte, però, la rotta va invertita subito. Sebbene i Bills giochino un campionato a parte, i Dolphins devono tenere dietro Pats e Jets se vogliono sperare nei playoff. Al momento, però, entrambe le franchigie sono in una situazione migliore. New York ha numerosi giovani interessantissimi e New England potrebbe aver trovato una star nel suo QB di riserva, Bailey Zappe. Oggi come oggi, ritengo che Miami non sia in grado di battere nessuno dei suoi rivali divisionali.

Naturalmente, ciò può essere in parte spiegato dai troppi infortuni che stanno segnando questa stagione, l’ultimo dei quali è quello del CB Nik Needham che ha già concluso il suo torneo a causa della rottura del tendine d’Achille. Dal momento che Byron Jones non è in grado di tornare disponibile in tempi brevi e Noah Igbinoghene non pare all’altezza di giocare in NFL, probabilmente Miami cercherà una mano sul mercato delle trade, in questo reparto. Come però sottolineavamo già 7 giorni fa, tutti hanno qualche defezione in una lega dura come questa e la rinuncia a questo o quel titolare non è una scusa.

I Dolphins sono padroni del loro destino. Una vittoria a Pittsburgh in week 7 tamponerebbe l’emorragia di vittorie, una nuova sconfitta, invece, ci proietterebbe sotto lo score di .500 allontanandoci in maniera forse irrecuperabile dal sogno playoff.

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