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Le aquile volano alte, recap di Dolphins@Eagles

I Miami Dolphins capitolano di fronte a dei superiori Philadelphia Eagles e si mostrano non ancora all’altezza delle migliori di lega.


È stato il match di giornata quello andato in scena al Lincoln Financial Field nella notte tra domenica e lunedì, durante la week 7. Si sono affrontate due franchigie in buona condizione di forma e dall’ottimo score, entrambe 5-1 al fischio d’inizio. Naturalmente, qualcuna ha dovuto cedere il passo alla seconda sconfitta stagionale.

È toccato agli ospiti, i Miami Dolphins, rinunciare ad aggiungere una W al loro bottino, perché a trionfare sono stati i Philadelphia Eagles, padroni di casa. Questi ultimi hanno meritato il successo, dimostrandosi migliori, ma hanno anche approfittato di alcune circostanze che hanno giocato forse troppo a loro favore. Ripercorriamo la sfida.

Eagles sempre in controllo

Il primo possesso della gara è per i padroni di casa. Dopo aver guadagnato due primi down con il RB, DeAndre Swift, Jalen Hurts si affida ai lanci e combina con il suo TE, Dallas Goedert, in grande spolvero durante la domenica in cui si celebrava il National Tight Ends’ Day. Il numero 88 guadagna altri due set di down. Da dentro le proprie 10 Miami difende però bene e gli Eagles si devono accontentare del FG realizzato da Jake Elliott. La risposta ospitei è fiacca e inizia con uno sciocco delay of game. Sarà il primo di 10 falli, quasi tutti evitabili, contestati ai Dolphins a fronte di un incredibile – e ci arriveremo – 0 per i padroni di casa. A margine, Tyreek Hill guadagna un primo down, ma alla fine si deve andare al punt.

La difesa ospite genera un bel turnover grazie all’azione combinata di Jaelan Phillips e Christian Wilkins: il primo forza un fumble del QB mentre il secondo lo ricopre. L’attacco ringrazia e trova un TD con Hill, il quale viene però presto annullato a causa di una trattenuta della linea, Lester Cotton. I Fins vanno comunque a punti, grazie al FG di Jason Sanders. Il primo TD arriva dai padroni di casa e lo realizza proprio Goedert, al termine di un drive in cui De’Vonta Smith si fa trovare libero e la cosiddetta brotherly shove, la spinta dell’intero reparto offensivo al QB draw di Hurts, vale un primo down. Al momento tale schema è inarrestabile e quando serve una sola yard gli Eagles hanno quasi il 100% di probabilità di guadagnarla tramite questo espediente. Nella sola sfida contro i Dolphins ricorreranno a questo play 5 volte, per ottenere altrettanti primi down.

La risposta Dolphins è un 3 e fuori e allora Philadelphia accelera. Hurts inizia a correre mentre Smith e AJ Brown hanno vita facile contro Kader Kohou e Eli Apple, rispettivamente CB1 e CB2 di questa sfida data l’assenza dei titolari per infortunio. Il secondo TD, quello del 17 a 3, lo realizza il QB proprio grazie a una shove di quelle appena descritte. Nell’attacco ospite Jaylen Waddle accusa qualche acciacco fisico e allora entra nel vivo il WR Cedrick Wilson, il quale si dimostra estremamente funzionale allo schema, durante un possesso che Hill chiude in meta, bruciando due difensori su un preciso lancio medio di Tua Tagovailoa.

Nelle fasi iniziali del secondo tempo Miami trova il pareggio grazie a un pick six di Jerome Baker che approfitta di una deviazione sul lancio firmata da Kohou. La segnatura avviene dopo il primo possesso di Miami, che si rivela inconcludente a causa di due sviste arbitrali, entrambe a danno di Wilson. Il ricevitore viene prima rallentato da facemask e poi scaraventato a terra in un’azione di disturbo che sarebbe interferenza difensiva. Nessuno dei due episodi viene fischiato.

Sul 17 pari però gli Eagles scappano via grazie al loro consueto modo di giocare in attacco: possessi lunghi e inarrestabili. Un drive lunghissimo viene incoronato da Brown, che riceve per un TD, e poi Tua commette un errore mentale di quelli che troppo spesso ne condizionano il gioco: si fa intercettare in end zone da Darius Slay dopo aver forzato un passaggio in zona troppo coperta. L’azione corale che chiude la partita, fissandola sul 31 a 17 finale macina moltissimo tempo dal cronometro e vede sul campo anche l’ultimo arrivato in casa Eagles: il ricevitore Julio Jones. Il TD conclusivo arriva su corsa e lo realizza Kenneth Gainwell. Il tempo rimasto è troppo poco per i Fins che, comunque, vengono bloccati su un quarto e fuori prima che Philadelphia dia inizio alle celebrazioni.

Nessun dramma ma molto da correggere

Perdere in questa lega è sempre deleterio per l’inseguimento dei playoff, indipendentemente dal modo in cui maturi il risultato e dall’avversario che ne approfitti. Certo, uscire sconfitti da una sfida contro i vicecampioni del mondo, in prime-time e in una circostanza nella quale loro dovevano lavare via l’onta della bruciante sconfitta maturata contro i New York Jets è più accettabile di perdere contro una franchigia smarrita, in crisi profonda e senza idee come è capitato ai più diretti avversari divisionali dei Dolphins qualche ora prima; ma pur sempre di una L si tratta e queste partite sono quelle che possono tenerti fuori dai playoff. D’altra parte, se ogni volta che incontri una squadra con un record positivo perdi malamente, come sta capitando a Miami quest’anno, viene da chiedersi se poi abbia qualche senso disputarli, i playoff.

Per il momento, rimandiamo il giudizio alla week 9, quando ce la giocheremo contro i Kansas City Chiefs a Francoforte. Una vittoria in quella partita allontanerebbe questi pensieri negativi. Una sconfitta, invece, ci darebbe conferma che Miami non è al livello dei top team. Cosa che comunque appare già evidente se andiamo ad analizzare il comportamento dei Dolphins sui grandi palcoscenici (le due trasferte di Buffalo e Philadelphia). Quel che emerge da questo match infatti non è tanto il risultato finale, perché una sconfitta fuori casa contro questi avversari è accettabile. Lo è meno la mancanza di disciplina che porta a un così elevato numero di bandiere gialle, il fatto che il QB si faccia intercettare quando deve pareggiare la partita o la leggerezza del WR1, che è anche uno dei migliori giocatori della NFL, la quale lo porta a droppare due passaggi più che ricevibili (per i suoi standard, naturalmente).

Badiamo bene: sarebbe molto facile per chi scrive, e per chi ha avuto la pazienza di leggere fino a questo punto, concludere dicendo che un arbitraggio del genere e i tanti infortuni chiave siano i responsabili di questa débacle. Non sarebbe però veritiero. Ovviamente, se su Brown e Smith avessimo messo Xavien Howard e Jalen Ramsey, la difesa avrebbe probabilmente fatto meglio. Similmente, se il giudice di linea avesse chiamato i falli che doveva su Wilson, l’attacco avrebbe potuto incidere di più. Ciò non toglie che numerosi fattori che Miami doveva controllare sono stati concessi all’avversario. Ho già scritto dell’intercetto di Tua, della superficialità di Hill e dei troppi falli; aggiungo anche che quantomemo una volta su 5 la brotherly shove va fermata, perché quando c’è una sola yard da guadagnare sai già in partenza che Philadelphia giocherà in quel modo, e devi trovare il modo di prenderti la palla.

Se non fai nulla di tutto questo, perdere di due possessi è il destino che meriti.

Per ulteriori approfondimenti sulla giornata NFL, segui il podcast DAZEROADIECI, di Touchdown Magazine e Pick Six Network.

Crediti fotografici: Bleeding Green Nation.

 

 

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