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Miami Dolphins ai blocchi di partenza; si riparte da Foxborough

I Miami Dolphins ricominciano da dove hanno chiuso il 2019, nella tana delle volpi del Gillette Stadium, contro i nuovi Patriots. La partita è un’incognita ma saprà dirci davvero molto.

Ryan_Fitzpatrick

Riparte la giostra. Dopo lunghissimi mesi – 7 quest’anno, data l’assenza della preseason – finalmente torna in campo la NFL. L’inizio è di lusso e vede fronteggiarsi, al solito, gli attuali campioni in carica, quei Kansas City Chiefs favoriti per la vittoria finale anche quest’anno, e gli Houston Texans. Pronti, via, troviamo subito uno di fronte all’altro i due giocatori più pagati della lega: Patrick Mahomes ovviamente, il Paperone dello sport e il suo omologo a Houston: DeShaun Watson.

La NFL ricomincia questa notte dall’Arrowhead Stadium, un’arena che può contenere 80mila persone e lo faceva abitualmente la scorsa stagione, prima che il COVID cambiasse il mondo e, di conseguenza, anche lo sport. La capienza sarebbe stata sfruttata appieno anche quest’anno, se soltanto fosse stato permesso al Chiefs Kingdom di affollare lo stadio. Così però non è stato perché la situazione sanitaria ancora non lo consente. Poco importa, difficilmente qualche tifoso di KC si perderà la sfida; esattamente come faranno pressoché tutti gli appassionati di football nel mondo, poiché l’attesa è stata davvero logorante quest’anno.

Nel weekend, conclusosi il kickoff, scenderanno sul gridiron tutte le altre franchigie, Miami Dolphins inclusi. La prima dei Fins non sarà una partitella: si va a Foxborough, destinazione Gillette Stadium, a trovare un avversario che quest’anno spaventa meno che nel recente passato, perché ha perso il suo Napoleone, Tom Brady. Guai però a pensare che i New England Patriots stiano combattendo la loro Waterloo. Il nuovo QB a Boston si chiama Cam Newton e non è esattamente l’ultimo degli sciocchi.

Miami Dolphins: un concentrato Brian Flores. Credits: Miami Herald.

Miami Dolphins: un concentrato Brian Flores. Credits: Miami Herald.

Giunge l’ora

L’attesa per il season opener dei Dolphins è vibrante in città. La Florida è terra di football e la palla ovale da queste parti non è uno sport ma una religione, come in tutti gli States peraltro. Certo a South Beach hanno avuto modo di ammazzare  il tempo seguendo gli Heat, la squadra di basket locale, nelle loro pulizie estive.

La squadra ha agevolmente eliminato dai playoff NBA prima gli Indiana Pacers e poi i Milwaukee Bucks del (probabile) MVP Giannis Antetokounmpo, il quale non ha fatto paura davvero a nessuno questa volta, guadagnandosi l’accesso alle finali della East Conference. Ciò però non toglie che la data di domenica è segnata in rosso sul calendario di ogni sportivo di Miami perché tornano i Dolphins. Giunge finalmente l’ora di una nuova stagione di football.

Le condizioni della squadra

I Dolphins sono stati piuttosto attivi negli ultimi giorni di training camp. Sul fronte roster ci sono state svariate novità. La principale, probabilmente, è stato il cut, piuttosto brutale a mio avviso, di Josh Rosen.

Ora, chiunque segua anche solamente da lontanissimo la squadra sa bene che i Fins andranno con Ryan Fitzpatrick come first string – è stato recentemente ufficializzato tale – e l’oltremodo atteso Tua Tagovailoa come QB2. Però era davvero necessario cacciare Rosen, il cui ingaggio quadriennale era già pagato per oltre il 60% del suo valore complessivo dagli Arizona Cardinals che lo draftarono due anni fa, per sostituirlo in third string con Jake Rudock? Non me ne voglia il ragazzo, non ho certo nulla contro di lui ma gli avrei preferito il braccione di Rosen – nonostante tutti i suoi limiti – anche perché l’ex signal caller di UCLA stava facendo un buon camp. Sono contento che il QB con il numero 3 abbia trovato presto una nuova sistemazione (andrà a Tampa Bay a imparare da quel Brady cui abbiamo accennato poc’anzi) ma resto insoddisfatto di come Miami abbia gestito l’intera situazione.

Dobbiamo infatti ricordare che lo scorso anno si investì su di lui una bassa scelta al secondo giro del draft di Nashville 2019 – che i Cards utilizzarono per chiamare il WR Andy Isabella, a mio parere grande prospetto oltre che portatore di un nome davvero cool – e che i Bucs lo hanno firmato fuori da waivers; dunque i Fins ci hanno perso 5 milioni di sonanti dollaroni in cap space. Ci troviamo dunque di fronte a un fiasco sia in termini di potenza di draft sia in termini di spazio salariale, un grave errore per il front office, forse tra i più gravi nella storia recente della franchigia di Miami, come lo hanno definito gli amici di Dolphinswire. La mossa si può porre sullo stesso livello della selezione di Dion Jordan e la non chiamata di Drew Brees.

Sono però arrivati anche nomi interessanti. Citiamo ad esempio il ricevitore Antonio Calloway, noto per aver giocato con i Cleveland Browns e poi con i Tampa Bay Vipers in XFL, il quale sarà aggregato al practice team, e, soprattutto, Lynn Bowden Jr. Prodotto spurio, Bowden è stato selezionato ad aprile dai Las Vegas Raiders, durante il terzo giro del draft virtuale, dopo aver giocato da QB e WR all’università del Kentucky. Il profilo appare ideale per gli schemi di Chan Gailey, stagionato guru della spread offense e nuovo coordinatore offensivo dei Dolphins che ama giocatori ibridi (esattamente come il suo capo allenatore) e non disdegna certo lo schema wildcat. Probabilmente in sede di colloquio con la franchigia di Miami si richiede di includere la giocata nel proprio playbook, fosse anche soltanto per onorare la memoria di coach Tony Sparano, il quale se ne sarà pure andato ma non è certo stato dimenticato da nessuno tra chi ama i nostri colori.

Bowden è stato ceduto dai Raiders per motivi di football, a quanto è stato detto. Evidentemente la squadra non ci ha creduto troppo, pur avendoci investito soltanto la scorsa primavera; il ragazzo può essere un flop o stupire, dimostrandosi un’arma affilata e bivalente, alla stregua di quel Taysom Hill di cui ultimamente va di gran moda parlare. Esattamente come tutte le matricole, comprese quelle che possono vantare un highlight reel universitario ricchissimo com’è quello di Tua, anche Bowden dovrà dimostrare di essere all’altezza della lega.

Le condizioni della squadra appaiono buone. I ragazzi sono motivati, carichi e persino piuttosto affiatati per quanto possiamo dire senza averli visti giocare neppure un singolo snap. C’è da segnalare ancora la condizione di Xavien Howard, forse il miglior giocatore di questa rosa, il quale è in netto recupero dall’infortunio che lo affligge dallo scorso inverno (si è dovuto operare all’anca) ma potrebbe non farcela per la partita di domenica. Va da sé che nessuno si sogna di rischiarlo, qualora non fosse al 100%: le prime sfide di questa stagione saranno poco significative, sempre per il fatto che non vi è stata preseason, dunque non varrebbe la pena di rischiare di aggravare un franchise player in condizioni non ottimali.

I magnifici 53

Il roster dei 53 giocatori con i quali Miami affronterà la stagione è stato annunciato pochi giorni fa. I due QB saranno Ryan Fitzpatrick e Tua Tagovailoa, mentre Rudock è stato aggregato alla squadra d’allenamento, pronto a subentrare nella poco auspicabile ipotesi che uno dei due che lo precedono in depth chart si infortuni.

I RB saranno addirittura 6 (come lo scorso anno), i due principali – Jordan Howard e Matt Breida – saranno affiancati da Myles Gaskin, Patrick Laird, Chandler Cox – che è un fullback – e Malcolm Perry, il quale è un altro ibrido: può infatti giocare anche da QB, come faceva nella squadra dell’accademia militare della marina statunitense ove si è diplomato. 6 sono anche i ricevitori. In ordine di depth chart troviamo DeVante Parker, Preston Williams, Isaiah Ford, Jakeem Grant e poi il già citato Lynn Bowden e Mack Hollins, i quali si giocano le ultime due posizioni in rotazione. I TE sono 3: Mike Gesicki, Adam Shaheen e Durham Smythe. Va notato come questi 3 interpreti della stessa posizione non potrebbero in realtà esser più diversi tra loro: Gesicki è un ricevitore, Smythe è addetto al bloccaggio, Shaheen, il più esperto della lista, può fare entrambe le cose senza però eccellere in nessuna delle due.

La linea offensiva vede Julie’n Davenport, Jesse Davis, Michael Deiter, Ereck Flowers, Robert Hunt, Austin Jackson, Ted Karras, Adam Pankey e Solomon Kindley. Troviamo nell’elenco nomi riconfermati dalla scorsa stagione, novità arrivate in free agency e alcuni promettenti rookie. Una composizione simile caratterizza anche la linea difensiva. Essa include Raekwon Davis, Davon Godchaux, Shaq Lawson, Emmanuel Ogbah, Zach Sieler, Jason Strowbridge e il sensazionale second year, Christian Wilkins, già idolo dei tifosi.

Il nucleo dei LB è la definizione da libro di testo dello schema delle difese multiple, il preferito di coach Brian Flores, perché moltissimi dei giocatori racchiusi in questo insieme possono giocare senza troppi patemi anche nella linea difensiva. Il reparto può contare su Jerome Baker, Sam Eguavoen, Kamu Grugier-Hill, Calvin Munson, Elandon Roberts, Andrew Van Ginkel e Kyle Van Noy.

La secondaria è probabilmente la vera forza di questo ambizioso gruppo. La cintura di sicurezza delle S comprende l’asso dello special team Clayton Fejedelem, Kavon Frazier, la matricola Brandon Jones e le garanzie Eric Rowe – affermatosi decisamente dopo un rivedibile inizio di stagione 2019 – e Bobby McCain. Sono però i CB la vera argenteria di questa franchigia. Nell’ottica di un rebuilding from the back – up, come sovente si fa al giorno d’oggi, in un football nel quale i CB sono dei veri e propri QB difensivi, Chris Grier e Brian Flores hanno inondato di milioni un reparto che vanta un tandem composto da Xavien Howard e Byron Jones, con la matricola Noah Igbinoghene – figlio di due medagliati olimpici – pronta a subentrare a richiesta, oltre ai promettenti Nik Needham e Jamal Perry.

Chiudono il team i tre specialisti: Jason Sanders è il kicker, Matt Haack il punter e Blake Ferguson il long snapper.

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Miami Dolphins training camp. Xavien Howard si è visto poco ma c’è stato. Credits: Palm Beach Post.

Non troviamo grosse sorprese in questa lista. Certo, avremmo preferito vedere Albert Wilson e Allen Hurns tra i ricevitori ma i due hanno scelto di fare opt-out, con il benestare di tutta la società. La quale però, ha probabilmente mancato di rispetto a Wilson quando ha assegnato il suo numero di divisa, il 15, al nuovo arrivato Bowden. Il ricevitore è teoricamente ancora parte della squadra, dunque il suo numero 15 doveva essere conservato. Tant’è comunque, si tratta di una questione di lana caprina, è stata riportata soltanto per mettere i puntini sulle i.

All’insegna della versatilità

La parola chiave di questi Miami Dolphins 2020 appare essere proprio quella utilizzata nel titolo del paragrafo: versatilità. Ad un primo sguardo, gli unici saldi nei loro ruoli sembrano essere i 5 membri della linea offensiva. Jackson e Flowers non possono che giocare nei loro posti a sinistra, rispettivamente di tackle e guardia, il centro sarà naturalmente Ted Karras, mentre a destra troveremo Kindley (G) e Davis (T). Difficilmente vi saranno sorprese, fatti salvi eventuali infortuni, naturalmente, spesso dietro l’angolo per atleti di questa stazza.

Per le altre posizioni, è davvero difficile mettere la proverbiale mano sul fuoco. Siamo sicuri che Fitzpatrick sarà il QB titolare, almeno all’inizio della stagione, ma oltre alla sua riserva Tagovailoa anche Malcolm Perry e Bowden hanno indossato la canotta rossa in allenamento (quella che impedisce ai difensori di entrare sull’uomo, riservata ai QB). Per quanto riguarda i nuclei dei RB, WR e anche TE, praticamente tutti i loro componenti possono essere schierati in slot position, larghi esternamente, nel backfield o essere chiamati a bloccare per aprire sbocchi a qualche compagno.

Le stesse considerazioni valgono in difesa. I LB sono tutte figure ibride, come si è scritto, mentre i CB e anche le FS possono essere disposte a piacimento in secondaria. Probabilmente, neppure Flores e i suoi assistenti saprebbero rispondere correttamente alla domanda chi giocherà una data posizione in un dato play. Sicuramente, non vogliono farlo; questa versatilità può rivelarsi la vera arma segreta per i Dolphins. Certo, servirà maestria da parte dello staff o si corre il rischio di fare soltanto moltissima confusione in campo ed incorrere in penalità o, ancor peggio, errori marchiani che si pagano carissimi in NFL: con la valuta del touchdown regalato.

La preview di Patriots – Dolphins

Il fil rouge che collega questa stagione alla scorsa è evidente. Si riparte esattamente lì dove si era concluso. A Foxborough. Il 30 dicembre 2019 terminò tutto in una grande festa al Gillette Stadium: una vittoria alquanto inaspettata per Miami, i Patriots che perdono il bye a causa di quella sconfitta, che sono obbligati a passare dalla wildcard – dove vengono eliminati – Brian Flores che inguaia il suo maestro Bill Belichick; una domenica di rara gioia, insomma, in una delle peggiori stagioni che la franchigia ricordi.

Quest’anno sarà però tutto diverso. Un profano potrebbe dire che Miami è considerevolmente migliorata e New England sensibilmente peggiorata, dunque se si è vinto l’anno scorso, dovrebbe finire bene per i Fins anche domenica. Nulla di più sbagliato. Ogni partita, in questa lega, è diversa dalla precedente e fa storia a sé; ogni stagione nella NFL è altro rispetto a quella che l’ha anticipata. Naturalmente le ambizioni di Miami sono enormemente più alte rispetto al 2019 ma, come ha affermato il QB Fitzpatrick, “è inevitabile, l’anno scorso non ne avevamo alcuna“, mentre New England potrebbe forse accontentarsi di un anno di studio, traghettata da Newton verso  un futuro affidato ad un QB più giovane, magari proveniente dal draft 2021.

Conosciamo però Belichick e conosciamo l’orgoglio dei suoi, dunque non possiamo certo sottovalutare una squadra che ha vinto 6 Super Bowl negli ultimi 20 anni. Certo, Tom Brady è andato al sole di Tampa Bay a godersi la meritata pensione (le prossime settimane ci diranno se ci è andato anche per giocare seriamente a football) ma parliamo di uno sport di squadra; anche il più grande di sempre non le vince da solo, le partite. In fin dei conti “Mio marito non può anche ricevere, accidenti!” Esclamò una volta l’adorabile Gisele Bündchen dopo che Brady perse il primo Super Bowl contro i New York Giants. Non usò la parola accidenti, tra l’altro. Numerose tessere del mosaico vincente di New England sono ancora lì.

D’altra parte, però, Belichick ha numerose gatte da pelare in quanto ben 9 dei suoi giocatori, tra cui svariati titolari, hanno optato per non giocare, in questa stagione. Senza il LB Dont’a Hightower e la S Patrick Chung, la difesa Pats avrà due ampie lacune da colmare. Tra gli altri opt-out segnaliamo anche il RB Brandon Bolden, vecchia conoscenza dei Dolphins in quanto ha giocato una stagione a Miami. Se l’attacco di Flores e Gailey ingranasse subito – di nuovo, è un’incognita data l’assenza di preseason – potremmo vederne delle belle per i nostri colori. La storia ci insegna che la trasferta a Foxborough può rivelarsi fatale a Miami ma negli ultimi anni, ci è parso che il gap tra le due franchigie si sia assottigliato di parecchio.

Gli elementi sono davvero pochi per mettere assieme una preview affidabile e concreta, si può soltanto dire che la sfida appare più bilanciata di com’è stata negli ultimi anni.

Curiosità e uomo – copertina

Inevitabilmente gli occhi di tutti, durante questa stagione, saranno su Tua Tagovailoa. Il giovane QB è già stato il catalizzatore dell’attenzione in offseason, sarà lo stesso anche nei prossimi mesi. Eppure, non è lui l’uomo copertina di domenica. Ryan Fitzpatrick ha dimostrato di essere il giocatore migliore, più esperto, abituato ai ritmi di gioco e capace di prendere, in una frazione di secondo, la decisione giusta per guadagnare il down. La foto principale dell’articolo è tutta per lui.

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Ryan Fitzpatrick nel 2019. Credits: Mark Brown/Getty Images

Prima di chiudere questo esauriente – credo – pezzo sui nostri Dolphins, segnaliamo che la franchigia ha deciso di onorare Don Shula con una toppa recitante Shula 347, il cognome del coach più vincente nella storia NFL e il numero di vittorie da allenatore.

La patch sarà cucita nella parte alta del petto, a sinistra, esattamente sopra il cuore. La pandemia ha impedito ai Dolphins di realizzare un degno memoriale per il coach, invitando all’Hard Rock Stadium tutti i suoi giocatori, amici e chiunque, più in generale, si definisca un appassionato di sport e viva nella Florida del Sud. Siamo comunque certi che questa iniziativa è stata solo rimandata a tempi più opportuni. Lo stadio che è stato tempio dei suoi successi sarà anche la sede di una grande celebrazione in suo nome. Lo stesso stadio che, non a caso, è situato in Don Shula Drive, al numero 347, a Miami Gardens.

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Miami Dolphins: la toppa in onore di Don Shula. Credits: miamidolphins.com

Ci sarà tempo per commemorare Shula e la sua memoria; ci sarà tempo per parlarne più avanti, ora il focus deve essere sui New England Patriots e l’impegno di domenica. È tempo di vedere che stagione sarà per la nostra squadra. La redazione di Touchdown Magazine ha pubblicato i primi power rankings stagionali, che non collocano Miami troppo in alto. Prima dell’inizio della stagione, però, tale considerazioni sono irrilevanti. Torna il football, tornano la NFL, tornano i nostri idoli sportivi. Forza Dolphins.

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