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È il momento di reagire: preview di Miami Dolphins vs Chicago Bears

Domenica a Miami arrivano i Chicago Bears: squadra tonica, riposata e in gran forma; forse l’esatto contrario dei Dolphins. Quali sono le chiavi di lettura del match?

Chicago Bears linebacker Khalil Mack

Non stiamo certo passando una bella settimana. La sconfitta della settimana scorsa è stata terribile, se non devastante; ben peggiore di quella subita contro i New England Patriots. A Foxborough non si era praticamente giocato, i Pats erano stati superiori in ogni singolo frangente di gioco, migliori in attacco, nettamente migliori in difesa, abbastanza migliori nello special team. A Cincinnati invece i Dolphins si sono autodistrutti: iniziando il quarto quarto in vantaggio di due TD (sul 17 a 3) sono riusciti a farsi risucchiare in un buco nero e perdere quella partita per 27 a 17, a causa di alcune pessime decisioni e alcuni sfortunati frangenti, che abbiamo descritto nel recap di lunedì. Certo dobbiamo rendere onore al merito di quei Bengals che non hanno mollato un centimetro, aggrappandosi con le unghie al muro del burrone dove stavano precipitando; una squadra di carattere però avrebbe gettato olio bollente su quelle stesse mani, controllando il gioco e rendendo quella risalita impossibile, non possiamo certo nasconderci la verità: i Dolphins hanno perso la partita molto più di quanto i Bengals l’abbiano vinta.

Con un record di 3 – 2 ancora nulla è perduto, e basta tornare subito a vincere per spedire nel dimenticatoio delle giornatacce la partita di domenica, ma la cosa è ben più facile a dirsi che a farsi, perché gli ospiti che avremo tra un paio di giorni sono tra quelli che preferiresti non incontrare, essendo al momento una delle squadre più calde della lega.

I temibili Orsi

I Chicago Bears che scenderanno a Miami sono una delle squadre più difficili da affrontare in questo momento; escono da una vittoria rotonda che ha visto il loro giovane e promettente QB Mitch Trubisky lanciare ben 6 TD mentre i suoi distruggevano Tampa Bay, per 48 a 10, in una convincente prestazione arrivata due settimane fa, prima di godere del riposo della bye week nello scorso fine settimana. Ho i miei dubbi sul fatto che Trubisky riesca a registrare simili numeri ogni settimana ma, sicuramente, domenica sarà fiducioso di potersi ripetere e ad ogni modo, qualora dovesse brillare poco personalmente, potrà sempre mettere l’ovale in mano a un backfield di tutto rispetto composto da Jordan Howard e Tarik Cohen.

Ciò detto, la offense dei Bears mi preoccupa davvero poco se confronto i problemi che possono causare questi 11 a quelli che può creare la loro defense. Perchè Trubisky, Howard, Cohen e i ricevitori Allen Robinson Taylor Gabriel, oltre al TE Trey Burton sono pericolosi, ma diventano poca cosa non appena si scorre la depth chart difensiva di Chicago.

Parliamo infatti di un unità grintosa, tecnica e cattiva, magistralmente guidata da un coordinatore esperto come Vic Fangio, che può contare su atleti validissimi come Akiem Hicks (LE), Danny Trevathan Leonard Floyd (LB), Kyle Fuller (CB) e su un playmaker pazzesco, incredibilmente efficace come Khalil Mack (LB), uno che darà grattacapi all’intera linea offensiva di Miami, soprattutto se dovesse mancare Laremy Tunsil. Mack è uno di quei pochi difensori che riesce sempre a strappare il possesso, vuoi per una fumble forzata, vuoi per un intercetto, vuoi per una sack sul terzo tentativo. Il numero 52 è una forza della natura, un giocatore generazionale, uno che è arrivato a Chicago in cambio di 2 pick al primo giro – un tesoro di selezioni che potrebbe rendere Oakland una squadra di giovani fenomeni tra qualche anno, ma che per il momento l’ha privata del suo miglior giocatore e condannata ad una stagione nella quale difficilmente riuscirà a vedere quota .500 di vittorie – e di uno stipendio sontuoso, che Mack ha fin da subito dimostrato di meritare fino all’ultimo centesimo, portando Chicago al primo posto di una division tutt’altro che facile, dove – dobbiamo ricordarci – giocano anche Packers e Vikings.

Se la linea offensiva dei Dolphins dovesse arrivare acciaccata come è uscita dal Paul Brown Stadium, prepariamoci fin da subito ad assistere ad una marcia trionfale per Mack e i suoi compagni.

La situazione in casa Dolphins

Le condizioni dei Fins sono tutt’altro che celestiali. La squadra esce da una sconfitta che potrebbe rivelarsi deleteria non tanto per il suo risultato finale, quanto per le condizioni in cui è arrivata. Lo dicevamo in apertura, non si può concedere un simile periodo a nessuna squadra nella NFL, o si esce sconfitti. Mentalmente non sono in grado di dire quali strascichi lasci una simile figuraccia, soprattutto nella testa di quello che è, senza troppi dubbi, il maggior responsabile di quella debacle: Ryan Tannehill. 

Prendiamoci qualche riga per parlare di questo QB: a mio avviso non è un brocco, non lo è mai stato e non credo lo sarà mai, chi legge più spesso questo spazio forse ricorderà di come mi complimentai delle sue scelte dopo la vittoria contro i Raiders, quando anche grazie ad alcune sue decisioni ci ritrovavamo 3 – 0. Da quella settimana in poi, però, sono arrivate solo sconfitte, l’ultima delle quali è soprattutto sulle sue spalle. Senza sputare bile ed improperi vari, ricordiamo cosa è stato in grado di fare Tannehill domenica scorsa, quanto i Dolphins erano sopra 10 a 17 e potevano ancora, con un buon drive di controllo, allungare e tagliar fuori i Bengals. 2nd and long, Tannehill è in difficoltà perché i Bengals rompono le linee e entrano nella tasca e non riuscirà mai a prendere un primo down e, invece di uscire dalle linee e scagliare la palla fuori campo, invece di prendere una sack e continuare ad attaccare, che cosa fa? lancia l’ovale centralmente, a mezza altezza; esso colpisce il casco di un compagno e rimbalza in mano ad un difensore, il quale lo afferra e lo riporta in meta per il 17 pari. Certo, è una di quelle situazioni in cui la sfortuna ci ha messo lo zampino ma l’errore di Tannehill è stato grave, e ha affondato la squadra e la partita. Non si lancia la palla in un’area così affollata per forzare un incompleto, o si corre un rischio inutile che, in casi come quello appena descritto, poi si concretizza e si tramuta in una sanguinosa pick 6. Se commetti un simile errore, poi le critiche te le meriti tutte.

Bisognerà dunque vedere se Tannehill riuscirà a trasformare la delusione, la rabbia e la frustrazione che tutti noi stiamo provando in questi giorni, in grinta, domenica quando scenderà in campo. Certo, occorrerà anche che la linea gli dia tempo e modo di passare la palla e questo potrebbe essere un problema se al posto di Tunsil dovesse scendere in campo Sam Young il quale, con tutto il rispetto per la sua professionalità, non è esattamente un tackle affidabile. Sarà indispensabile raddoppiare Mack e schierare un TE in grado di bloccare, mi aspetto per cui di vedere A.J. Derby e la matricola Durham Smythe in campo abbastanza spesso, con Mike Gesicki impiegato in un numero minore di snap.

Viste le forze in gioco, sarà imprescindibile, se Miami vorrà provare a vincerla, che la difesa giochi una buona partita. La presenza di Reshad Jones è un sollievo, a Cincinnati ci ha mostrato quale differenza sappia fare in campo, e ci sono buone possibilità di recuperare sia Andre Branch sia Cam Wake, il quale potrebbe dunque tornare a costituire una coppia davvero temibile con Robert Quinn. Oltre a loro, osservati speciali sono sempre due playmaker come Kiko Alonso e Xavien Howard, entrambi davvero in forma al momento. Non sarà invece della partita, e con ogni probabilità non lo vedremo neppure la settimana prossima, Bobby McCain.

Per fare risultato sarà indispensabile giocare al meglio delle possibilità di ogni singola unità, e anche questo potrebbe non bastare, qualora i Bears – freschi e riposati – fossero ancora quelli di due settimane fa. Nonostante siano i Fins a giocare in casa, ritengo favoriti i Bears, squadra migliore in questo momento, ma ciò non significa che Miami sia già spacciata. Forza Dolphins.

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