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Packers 26, Buccaneers 31: Infinito Brady!!!

Al termine di una battaglia avvincente, il veliero attracca nella Frozen Tundra ed i Bucanieri, nuovi campioni NFC, possono salpare verso il Superbowl.


93 giorni dopo, è ancora Brady VS Rodgers, è ancora Bucs VS Packers, ma stavolta non c’è in palio “soltanto” una vittoria che può migliorare la classifica della propria regular season, c’è in palio un biglietto per il Superbowl numero 55. Le due baie del football NFL si affrontano nuovamente, sapendo bene che la precedente partita, terminata 38-10 in favore dei Bucanieri, conterà fino ad un certo punto, poiché da quel giorno le cose sono cambiate non poco.

La prima cosa a mutare è il teatro dello scontro: non sarà il Raymond James Stadium, quello è il luogo in cui entrambe sognano di tornare tra due settimane per giocarsi il grande ballo come rappresentanti della NFC, ma sarà la tundra gelata del Lambeau Field di Green Bay.

Si gioca lì perché la banda Rodgers ha ottenuto la first seed e l’home field advantage, vincendo la regular season NFC con lo straordinario punteggio di 13-3. I ragazzi del Lambeau hanno così potuto evitare l’insidia delle wild cards ed hanno potuto riposarsi, arrivando carichi come molle all’appuntamento con il Divisional playoff, dove hanno schiantato i Los Angeles Rams, i quali, nonostante avessero a numeri la miglior difesa della lega, hanno dovuto arrendersi allo strapotere offensivo di Rodgers e del suo attacco che, quest’anno, sembra davvero inarrestabile. Tutto questo viene ovviamente condito dal fatto di avere sempre il vantaggio del fattore campo, vantaggio teorico sul piano del tifo, poiché il pubblico del Lambeau è contingentato causa Covid, ma vantaggio pratico sul piano climatico, in quanto è difficile giocare in questo freddo, specie per degli avversari abituati al caldo umido, al sole ed alle alte temperature. In tutto questo, l’obbiettivo dei Packers è chiaro: riscattare la finale di Conference persa lo scorso anno per mano dei San Francisco 49ers e giungere nuovamente al Superbowl dopo 10 anni di assenza.

Discorso diverso invece per i nuovi Tampa Bay Buccaneers, o sarebbe meglio dire Tompa Bay, in quanto Tom Brady è arrivato lì quest’anno, dopo 20 anni ai Patriots, con l’intento di riportare, nel giro di due o tre anni, il titolo in Florida e di divenire l’unico quarterback in grado di vincere un Vincent Lombardi in due Conference diverse. La loro stagione regolare si è conclusa sull’11-5, che è valso il quinto posto nella classifica NFC, posizione ottima visto che ha permesso ai Bucs di affrontare il non certo irresistibile Washington Football Team alle wild cards. Quando però Tampa è arrivata a dover affrontare i New Orleans Saints al Superdome, in occasione del Divisional, avversario che li aveva già battuti due volte in regular season, sembrava che la corsa della banda Brady fosse destinata ad interrompersi ma, come sappiamo, la regular season è una cosa ed i playoff ne sono completamente un’altra: Brady in particolare, sembra davvero averne fatto il proprio motto personale e, al termine di una grande partita, i Bucs sono riusciti nell’impresa di eliminare i Saints e di partire verso la frozen Tundra, con il chiaro intento di realizzare un’altra impresa sportiva, staccando il biglietto per il Superbowl contro ogni pronostico e divenendo tra l’altro la prima squadra della storia a poterlo disputare nel proprio stadio.

Come abbiamo potuto osservare da questi preamboli, la battaglia si preannuncia ricca di colpi di scena ed esattamente come accaduto circa tre mesi or sono, il proscenio se lo prende di nuovo il duello tra i due grandi numeri 12 del football, Aaron Rodgers da una parte e Tom Brady dall’altra, due campioni eterni alla ricerca di un appuntamento con la storia.

L’altra volta, se ben ricordate, vi avevamo presentato questo duello e più in generale l’intero match, come un incontro pugilistico tra questi due grandi pesi massimi del football: questa volta proveremo un esperimento narrativo diverso, che andrà a modificare anche l’impianto del report che siete comunemente abituati a leggere. Questo report non sarà infatti una cronaca di ogni singola azione rilevante del match, ma sarà impostato come un vero e proprio film di Quentin Tarantino, alla Pulp Fiction tanto per intenderci: racconteremo infatti prima la partita vista dal punto di vista di Rodgers, poi la racconteremo da quello di Brady ed, infine, trarremo le conclusioni ed analizzeremo il verdetto prodotto dal campo.

Prima di cominciare, diamo uno sguardo al meteo, che abbiamo presentato come un fattore potenzialmente determinante della partita: dopo una nottata all’insegna della neve, a Green Bay c’è il sole, accompagnato però da una temperatura molto rigida e da una discreta dose di vento freddo: scongiurato dunque il pericolo della neve e della scarsa visibilità, buona notizia questa senza dubbio per la fruizione e la godibilità dell’incontro.

 

La Giornata di Rodgers

Green Bay vince il coin toss iniziale e, quindi, lascia l’incombenza del primo possesso agli ospiti, i quali però segnano subito e l’altro numero 12 fa capire di essere venuto nel Wisconsin a dettare legge, proprio come aveva fatto 93 giorni prima in Florida. Rodgers sa benissimo però che, al contrario dell’altra volta, questa è una partita senza possibilità di appello e sembra poter rispondere subito per le rime al rivale. In particolare, il passaggio da 50 yards con cui manda in meta Marquez Valdes-Scantling, sembra far comprendere che neanche la difesa di Tampa possa contenerlo e che, quest’anno almeno, non esistano mezzi per arrestare la sua furiosa fame di punti e di vittorie.

Mentre però il suo rivale continua a giocare un primo tempo magistrale, il Gambler di Green Bay si impantana: la difesa dei Bucs è davvero tosta, sia che la si decida di affrontare con le corse, sia che la si decida di affrontare con i lanci e Rodgers comincia a far davvero fatica, collezionando qualche sack di troppo, dando la sensazione di essere messo troppo sotto pressione e di non avere il tempo sufficiente per ragionare. AR12 evita tantissimi sacks grazie alla sua pazzesca velocità di pensiero ed esecuzione, ma riesce a portare soltanto la miseria di altri 3 punti alla sua squadra, con un field goal dalle 24 yards realizzato da Mason Crosby a circa metà del secondo quarto.

La mazzata finale del primo tempo, quando Brady compie quel TD pass da fuoriclasse assoluto sul suono della sirena, sembra mandare completamente in tilt l’intera squadra, con l’incubo di una sconfitta interna che comincia a farsi corposo e lo diventa sempre di più all’inizio della ripresa, quando Rodgers ha in mano il primo possesso e lo spreca malamente, regalando un fumble sul quale si avventa la perentoria difesa avversaria. Quel fumble si trasforma subito in un’ altra mazzata da 7 punti e sul sogno di Green Bay sembra calare il sipario.

A quel punto Rodgers capisce di non avere più nulla da perdere e comincia a giocare meglio: vuoi perché ormai c’è ben poco da fare se non buttarsi a capofitto in ogni drive offensivo, vuoi perché il suo rivale, che fino a quel momento aveva predicato football, inizia a voler forzare inutilmente le giocate e subisce la bellezza di tre intercetti consecutivi. Il numero 12 giallo-verde riesce anche a segnare due touchdown, con due passaggi corti di cui uno verso Tonyan e l’altro verso Adams, si porta a -5 dagli avversari ma, quando c’è da fare lo scatto decisivo per la rimonta, rimane sempre impantanato in mezzo alle solide maglie della difesa bianco-rossa, non riuscendo mai a produrre il touchdown decisivo. Quando il distacco torna ad 8 lunghezze, Rodgers sa che il suo prossimo drive deve portare ad un touchdown, sennò il sogno si infrange: manco a farlo apposta, il suo attacco si ferma proprio a 8 yards di distanza dalla end zone avversaria, anche perché il suo allenatore Matt LaFleur decide di non giocarsi il quarto tentativo ma, al contrario, di far tirare un field goal a Crosby, ripristinando a 5 i punti di svantaggio e provando a mettere pressione sull’altro numero 12, per costringerlo a liberarsi del pallone e poter così regalare al suo capitano l’ultimo possesso dell’incontro.

La tattica dell’head coach di Green Bay, vuoi perché Brady non si scompone quando la palla scotta e vuoi per colpa di un paio di penalità davvero sciocche commesse dalla sua difesa, non sortisce i frutti sperati ed i Packers si devono rassegnare a vedere gli altri che festeggiano la vittoria.

Possiamo solo immaginare il dolore lacerante provato da Rodgers al fischio finale quando, per la seconda volta consecutiva e la terza in carriera, ha dovuto abbandonare i sogni di gloria proprio sul più bello, proprio ad una sola partita dal traguardo e, sebbene probabilmente potrà consolarsi col titolo di MVP stagionale, ciò che prevale è la delusione e la frustrazione nell’aver visto festeggiare l’altro numero 12. Ciò che si nota immediatamente è lo sguardo di Rodgers: deluso, mortificato e svuotato, come solo un grande campione e capitano come lui può essere; lo sguardo di un uomo che quest’anno, forse più degli altri anni, ha davvero fatto i salti mortali per riportare i suoi almeno a giocarsi un grande ballo e che, invece, si deve arrendere al solito identico esito che dalle parti della baia verde, si vive da ormai undici anni a questa parte. I suoi occhi, con un pò di fantasia nella lettura, sembrano dire: “Ragazzi non posso sempre fare miracoli, sono anni che vi dico che ci manca qualcosa, perché non mi date mai retta???”. Prepariamoci, forse, ad un’altra pausa fatta di confronti tra lui ed il front office dei Packers e francamente, da sportivi, ci auguriamo che non si arrivi a decisioni drastiche.

La Giornata di Brady

Tom Brady arriva nel gelo di Green Bay pensando che i pronostici sono quasi tutti contro di lui ma, in fondo, lo erano anche la scorsa settimana contro i Saints e quindi perché non crederci? Manca Antonio Brown questo è vero ma Brady sa di avere tante armi offensive e sa anche che la difesa farà il suo.

La partita del 6 volte campione del mondo va però in maniera totalmente contraria a quello a cui siamo abituati e, dopo il seguente racconto, capirete il perchè.

TB12 comincia subito fortissimo, sfruttando il primo possesso della partita e trasformandolo in oro, con un passaggio da 15 yards soffice e delicato verso Mike Evans. Sebbene Brady si blocchi in un paio di drive offensivi, egli continua a disegnare cose che raramente si sono viste in una finale NFC: coadiuvato da uno straordinario Fournette, confeziona un altro touchdown e, appena prima dell’intervallo, ci regala una perla di rara finezza: il suo passaggio da 39 yards verso Miller, con il cronometro praticamente esaurito, è la dimostrazione di quanto egli possa essere un esploratore dei limiti umani, di come egli abbia una capacità innata nel porsi degli obbiettivi e di superarli sempre e comunque. Lo Zenith viene raggiunto, da lui e dal suo team, all’inizio del terzo quarto, quando il nativo di San Mateo concretizza il cioccolatino preparato dalla sua difesa: fumble difensivo e touchdown in una manciata di secondi, vantaggio che sale a 18 punti e qualcuno comincia a mettere lo champagne nel frigo.

Ma non si può soltanto battere Rodgers, bisogna umiliarlo: è lo scopo recondito che Tom si è imposto per questo match, da quando Davante Adams lo ha provocato in settimana, dichiarando che il GOAT è Rodgers, indipendentemente da quanti titoli abbia vinto. Ci siamo immaginati e forse è anche successo davvero, che Brady, dopo quello straordinario touchdown sul finire di primo tempo, abbia cercato con lo sguardo Adams e lo abbia guardato come a chiedergli: “scusa, cosa dicevi a proposito del GOAT???”

L’ego spesso però è un amante traditore: è fondamentale averne per diventare il migliore, ma esagerare significa correre dei rischi inutili che ti possono mettere, talvolta, anche in guai seri: TB12 comincia a voler strafare, cercando passaggi in profondità anche quando non è strettamente necessario e mosso dalla convinzione che, nonostante i rischi ci siano, niente e nessuno possa fermarlo. Il ragionamento di Brady si dimostra eccessivamente pericoloso e narcisista e porta a tre disastrosi intercetti, uno dopo l’altro: ad onor del vero, il terzo sembra più essere frutto di una combinazione di fattori non dipendenti da lui, come ad esempio la sua primaria offensiva che non lo protegge adeguatamente e lo costringe a lanciare un passaggio lungo e randomico, oppure Evans il quale, nel pur lodevole tentativo di far suo quel improbabile pallone, finisce per deviarlo in modo tale da favorire l’intercetto della difesa. I primi due sono però da imputare quasi esclusivamente al pluri titolato numero 12 di Tampa Bay, che vorrebbe stramazzare gli avversari e che invece li fa tornare pesantemente in partita.

Dopo aver visto l’aria che tira in questo secondo tempo e dopo aver ringraziato la difesa per aver limitato al minimo i danni, Brady decide di giocare in modo più tradizionale, accontentandosi di guadagnare più yards possibile e giocando con uno stile molto più paziente e simile a quello adottato dal suo avversario diretto nel corso di tutto il match. Tutto questo porta altri 3 punti a referto, grazie al field goal dalle 46 yards realizzato da Ryan Succop e, soprattutto al lento ed inesorabile scorrere del cronometro, alleato a cui lui non è abituato in quanto solitamente, a questo punto della partita, sta tentando di rimontare uno svantaggio più o meno ampio.

Proprio per questo, nel presentare la giornata di Brady, abbiamo detto che la sua partita è stata totalmente contraria alle sue abitudini: dominante nel primo tempo, in grosso affanno nella ripresa ma, alla fine della fiera, il risultato è sempre lo stesso: l’incontro finisce, Brady festeggia e gli avversari di turno si disperano.

Al Lambeau Field di Green Bay, al termine di questa grande battaglia, c’è un clima surreale: complice il poco e delusissimo pubblico, si sentono solo le voci dei vincitori: i Bucanieri festeggiano con canti e danze celebrative: la loro nave ha sgretolato gli insidiosi iceberg della frozen Tundra e può ora salpare verso casa, casa che, quest’anno, coincide con il teatro dello scontro supremo: per la prima volta nella storia, si qualifica al Superbowl la franchigia il cui stadio di casa ospiterà l’evento, altro tabù infranto da questa leggenda vivente.

Naturalmente non ci siamo dimenticati che il football è uno sport di squadra e, in quanto tale, si vince e si perde tutti insieme, non ci siamo scordati degli immani sforzi del front office di Tampa Bay, che ha fatto i salti mortali per essere in grado di dare a Brady tutti i mezzi necessari per far bene sin da subito, ma non possiamo fare a meno di celebrare questo Dio del football: è arrivato quest’anno in NFC dopo vent’anni passati in AFC in compagnia di un solo allenatore e di una sola franchigia, in una squadra completamente nuova, in una Conference completamente nuova, con un head coach con cui il rapporto non è esattamente idilliaco, in una Conference dove, a detta degli esperti, c’erano almeno tre squadre più forti della sua e, nonostante tutto, contro tutto e tutti, riporta il titolo NFC a Tampa dopo 18 anni e mette tutti in riga sin da subito: indipendentemente da come andrà il Superbowl 55, (il decimo che giocherà in carriera, salvo imprevisti), a questo punto, ci vorrebbe Vittorio Sgarbi che, davanti a Tom Brady, gli ripetesse il suo celebre tormentone: CAPRA CAPRA CAPRA!!!

 

Uncle Bill’s Course

Uno scontro emozionante, appassionante, teso ed incerto fino all’ultimo: abbiamo complessivamente visto tutto quello che ci aspettavamo in questo incontro.

Ci sentiamo di poter affermare che la vittoria dei Bucs è stata costruita su 3 livelli: il primo, quello offensivo, si è visto nel primo tempo con Brady sugli scudi ed i suoi fedeli scudieri a seguirlo, di cui si sottolinea soprattutto la grande prova di Chris Godwin e Leonard Fournette. Il secondo, quello difensivo, si è visto soprattutto nella ripresa quando, nei momenti davvero decisivi, ha trovato le contromisure necessarie per fermare la furia di Rodgers e, nel corso di questa stagione, non ce la aveva ancora fatta nessuno; del pacchetto arretrato non si può fare a meno di citare Jason Pierre-Paul, autore di 2 sacks davvero decisivi. Il tutto viene condito dal terzo livello, quello dello special team, che ci sentiamo di sottolineare in quanto, talvolta, era sembrato un pò goffo ed inesperto e che invece, questa volta, è stato perfetto quelle poche volte in cui è stato chiamato in causa: il field goal dalle 46 yards realizzato nel momento nevralgico dell’ultimo quarto, ha complicato non poco la rincorsa avversaria, portando LaFleur, molto probabilmente, a sbagliare scelta tattica nel drive decisivo.

I Packers, dal canto loro, hanno disputato un primo tempo decisamente rivedibile e, nonostante lo spirito indomito mostrato nella ripresa, alla fine è mancato qualcosa: a livello offensivo sembra che sia davvero mancato il contributo dell’altro Aaron, Jones, il quale ha messo a referto la miseria di 34 yards e 0 touchdown. A livello difensivo, invece, la prestazione non è nemmeno stata troppo negativa anzi, a voler ben guardare, la difesa dei giallo-verdi ha anche concesso meno yards di quella bianco-rossa, (381-351), ma alla fine il verdetto è sempre amaramente lo stesso: i Packers, come l’anno scorso, dovranno guardare il Superbowl alla televisione.

Del duello tra Rodgers e Brady abbiamo ormai detto tutto quello che c’era da dire: mancherebbero forse solo i numeri ma ci sembra abbia poca importanza sciorinarveli, soprattutto considerando che poi, in fin dei conti, quel che conta è il risultato finale, che assegna a Brady la palma del vincitore, nel primo inedito scontro playoff tra i due e noi, da amanti di questo sport, non possiamo che sperare che ce ne siano altri in futuro, sebbene il tempo cominci a farsi davvero tirannico nei confronti di entrambi.

Mentre Brady ed i Bucs proveranno a fare la storia tra due domeniche, tentando di fermare quei mostri che portano il nome di Kansas City Chiefs, i Packers tornano a casa con la sensazione d’impotenza derivante dall’aver buttato via un’occasione storica: tornati in finale di Conference dopo solo un anno, stavolta col fattore campo ed i pronostici a favore, con un attacco che sembrava inarrestabile e tristemente rispediti nuovamente a casa da una squadra che ha il rosso come colore sociale dominante e capitanata da un quarterback nato e cresciuto, sportivamente parlando, con Bill Belichick, (Garoppolo prima e Brady adesso).

Immaginiamo che lo zio Bill abbia di certo visto la partita: non sappiamo come possa aver reagito a questo risultato, non sappiamo se in lui sia prevalsa la felicità per la vittoria del suo vecchio pupillo o la malinconia per averlo perso ma, come avrete capito, a noi piace fantasticare e immaginiamo che Belichick, nei prossimi giorni, possa telefonare a Rodgers e che gli dica più o meno questo: “Ciao Aaron, sono Bill Belichick: mi dispiace che i miei ragazzi ti abbiano conciato in questo modo. Senti: ti andrebbe di vederci qualche volta? Magari ci prendiamo un caffè insieme, secondo me avremmo molto di cui parlare e anzi, se Robert Kraft mi desse il permesso di procedere, avrei persino una proposta da farti…”.

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