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Russell Wilson

Ripercorriamo la carriera di Russell Wilson, quarterback dei Seattle Seahawks, dagli esordi in high school al Super Bowl vinto nel 2014.

Russell Wilson

“He’s too short, too short, too damn short!” ripeteva l’attuale allenatore dei Raiders John Gruden, mentre lavorava come football analyst per l’emittente ESPN. Questa frase ricorreva spesso nelle valutazioni dei talent scout su Russell Wilson; tuttavia, Gruden fu uno dei primi a riconoscere nel giovane quarterback del talento, e aveva pienamente ragione a difendere Wilson.

High Scool e College Football

Classe ’88 originario di Cincinnati, Wilson iniziò la sua carriera come quarterback a 17 anni presso la Collegiate School di Richmond, Virginia, lanciando per 3287 yards e 40 touchdown. Il suo senior year venne illuminato dai riflettori dello Stato nel momento in cui vennero puntati su di lui grazie alle 3009 passing yards e 34 touchdown in aggiunta alle 1132 rushing yards e 18 touchdown. Riuscì persino ad attirare l’attenzione della rivista Sports Illustrated dopo una strabiliante performance nella finale del campionato dello stato dove condusse alla vittoria i Collegiate Cougars.

Nel 2007 indossò per la prima volta la maglia da quarterback dei North Carolina Wolfpacks, guadagnandosi il posto di titolare dopo aver guidato la squadra a quattro vittorie di fila, ribaltando il bilancio stagionale da 0 -3 a 4 – 3.
L’anno successivo, dopo un’ottima stagione Russell soffrì una distorsione al ginocchio verso la fine del primo tempo durante la finale di college football contro i Rutgers Scarlet Knights che recuperarono l’iniziale svantaggio grazie a 3 intercetti e vinsero la partita 23 a 29. Lasciatosi alle spalle l’infortunio, nel 2010 Wilson concluse la stagione assieme ai suoi compagni con un record di 9 vittorie e 4 sconfitte, assieme alla vittoria sui West Virginia Mountaineers nel 2010 Champs Sports Bowl.

Il primo rifiuto

Come molti atleti nella storia dello sport, anche Wilson praticava una seconda attività sportiva, ovvero il baseball. Nel gennaio 2011 comunicò che si sarebbe aggregato alla squadra dei Colorado Rockies per lo spring training. Tuttavia, l’allora coach dei Wolfpacks Tom O’Brien non era d’accordo con la decisione del suo quarterback, in quanto fortemente convinto del fatto che fosse giunto il momento per il giovane atleta di fare il salto di qualità ed entrare nel mondo NFL.
Nonostante i numerosi tentativi e i colloqui con diversi coach e general manager del mondo professionistico del football, O’Brien e il suo staff non riuscirono ad ottenere per Wilson un invito alla NFL Scouting Combine del 2011. Fu così che al quarterback venne rilasciato il permesso di avere un altro anno a disposizione per poter giocare nel campionato universitario nonostante la fine degli studi.

Turning point

A parte l’amarezza per il mancato invito alla Combine, il 2011 fu per Wilson l’anno di svolta. Venne reclutato dall’università del Wisconsin per giocare la sua ultima stagione con i Badgers nella prima divisione di college football. Al termine della stagione Wilson aveva lanciato per 3175 yards e 33 touchdown oltre ad aver corso per 338 yards e 6 touchdown. Venne nominato Big Ten Quarterback of the Year e nominato da allenatori e giornalisti nel first team All-Big Ten. Ma non (gli) bastava. Portò alla vittoria i Badgers per 42 a 39 battendo i Michigan State Spartans con 3 touchdown pass, guadagnandosi il titolo di MVP del’incontro. Non riuscì a conquistare per un soffio il Rose Bowl, ma concluse la sua carriera universitaria in grande stile, e ottenne l’invito per la Scouting Combine del 2012.

Draft e Rookie Season

A causa dei giudizi sulla sua statura (180 cm), Wilson venne scelto dai Seattle Seahawks con la 75esima pick nel terzo round, dopo aver visto altri sei quarterback passargli davanti. Il franchise della Emerald City venne a lungo criticato per le scelte effettuate (tra le quali figurarono Bruce Irvin, Bobby Wagner, Robert Turbin, Jeremy Lane e J.R Sweezy). Sappiamo tutti come si concluse la stagione successiva.
Durante la sua prima stagione Russell venne subito scelto come titolare e i Seahawks giunsero ai playoff con un record di 11 vittorie e 5 sconfitte. Riuscirono a prevalere sui Washington Redskins nel Wild Card Game disputatosi nella capitale statunitense rimontando il punteggio del primo quarto di 14 a 0 per i padroni di casa mettendo a segno 24 punti, staccando così il biglietto per il Divisional Round. Sfortunatamente, il sogno di Wilson si infranse a 8 secondi dal termine della partita, quando i Falcons riuscirono a portare a casa la vittoria nonostante un’altra grande rimonta dei Seahawks, stavolta interrotta allo scadere.

Wilson, il quarterback giudicato troppo basso per essere ammesso tra gli dei del football americano sedeva coi suoi compagni in cima all’Olimpo della NFL, stringendo tra le mani, anch’esse giudicate dagli scout troppo piccole per un quarterback, il Lombardi Trophy.

Questione di tempo

Bisognava solo aspettare. Con una stagione eccellente ed un record di 13 vittorie e 3 sconfitte, Wilson si presentò nuovamente ai playoff con un anno di esperienza sulle spalle ed il nr. 1 seed. Archiviata la pratica Saints nel Divisional Round e Sconfitti i rivali della NFC West 49ers, Seattle si presentò più agguerrita e determinata che mai al MetLife Stadium di New York, per affrontare i Denver Broncos e il futuro Hall of Famer Peyton Manning.
In una partita dominata dalla leggendaria Legion of Boom e dalla performance dell’ormai giocatore d’élite Wilson, il quarterback giudicato troppo basso per essere ammesso tra gli dei del football americano sedeva coi suoi compagni in cima all’Olimpo della NFL, stringendo tra le mani, anch’esse giudicate dagli scout troppo piccole per un quarterback, il Lombardi Trophy.

Da quel momento Wilson riuscì a far sì che i pregiudizi nei confronti degli atleti universitari venissero presi in considerazione con molta meno enfasi rispetto al passato. Vero è che ci si aspettava già dal 2000 dopo la selezione di un certo Tom Brady come 199esima pick un cambio di mentalità, ma forse c’è ancora molta strada da fare. Eppure, giocatori come Kyler Murray (prima scelta della Draft 2019) devono ringraziare Russell se vengono valutati come i migliori prospetti nonostante la bassa statura. C’è da dire che anche Wilson dovette ispirarsi ad altri QBs come Drew Brees per trovare la giusta motivazione e correre fino al raggiungimento del suo obiettivo. Magari, durante la prossima stagione, vedremo il rookie degli Arizona Cardinals stringere la piccola mano dell’ormai veterano di Seattle dopo uno degli scontri di divisione ai quali assisteremo durante la stagione, ringraziando Wilson per non aver mai mollato ed essere stato un esempio per molti altri ragazzi.

Una yard separò Russell dal secondo Super Bowl consecutivo, consegnato ai Patriots dopo un intercetto a 28 secondi dalla fine. Ma nemmeno questo lo fermò, anzi, l’heartbreak spinse Wilson a migliorare ancora di più fino a battere ogni record del franchise di Seattle per un quarterback e la sua straordinaria performance nella seconda metà della stagione: dopo che la squadra perse per infortunio giocatori chiave come Marshawn Lynch e Jimmy Graham, Russell trascinò ancora una volta ai playoff la squadra diventando un papabile candidato per il titolo di MVP della stagione.

Nel 2017 i Seahawks non riuscirono a qualificarsi per la post season, ma rimediarono durante l’ultima stagione quando la squadra si presentò con pesanti assenze, specialmente nella famosa Legion of Boom: a causa di infortuni Cliff Avril, Michael Bennett, Earl Thomas e Kam Chancellor, oltre a Richard Sherman e Jimmy Graham in seguito alla Free Agency. Considerati da molti come una squadra non in grado di tornare ai playoff, Wilson e compagni strabiliarono ancora una volta l’intera NFL, dopo una partenza zoppicante con 2 sconfitte consecutive, finendo con 10 vittorie e 6 sconfitte.

Oggi Russell Wilson è il giocatore più pagato nell’intera lega professionistica, dopo aver rinnovato il suo contratto il 16 aprile 2019, un quadriennale da 140 milioni di dollari.

Con l’inizio del 100esimo campionato NFL, Wilson avrà molta pressione sulle sue spalle, forse mai come prima d’ora. In ballo per lui non c’è più il guadagnarsi le chiavi del paradiso del football per realizzare il suo sogno, bensì le speranze di un’intera città che ha visto crescere ed affermarsi una squadra sempre in mezzo a critiche e “you could have done better”, grazie al talento di un coaching staff in grado di trasformare talento grezzo in pure abilità, al punto da far ammettere pubblicamente ai critici delle scelte del franchise i propri errori, come accadde nel 2013 quando la draft class di Wilson tanto discussa conquistò il Super Bowl.

Chi lo sa, magari questo ragazzo di 30 anni continuerà a stupirci con infiniti scrambles e lanci mozzafiato per ancora molto tempo, animando sempre più i famosi 12s (il “dodicesimo uomo”) che faranno risuonare il suo nome all’interno del Century Link Field fino ad elevarlo nel Ring of Honor, dove un posto gli è sicuramente già stato riservato.

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