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Profondo Blu: i Buffalo Bills travolgono i Miami Dolphins

Dopo una brutta prestazione a Buffalo, Miami viene eliminata dai playoff. Nella sintesi, mettiamo la sconfitta nella giusta prospettiva stagionale.


Non era esattamente il modo in cui avremmo voluto concludere questa regular season 2020. I Miami Dolphins non si trovavano in una situazione troppo proibitiva, entrando nella week 17, l’ultima di questo campionato che – nonostante tutti i problemi e le difficoltà dovute alla pandemia – si è dimostrato davvero avvincente, esattamente come lo avremmo desiderato, nonostante alcune franchigie si siano rivelate veramente pessime, francamente non all’altezza di questa lega.

La situazione non era troppo negativa per la franchigia proveniente dalla Florida in quanto i Dolphins erano gli assoluti padroni del loro destino. Con una vittoria sarebbero stati ammessi ai playoff, con una sconfitta avrebbero dovuto sperare nelle sconfitte di Baltimore, Cleveland o Indianapolis. Tutte e tre queste franchigie hanno vinto le loro sfide, esattamente come ci si aspetta da chi mira ad entrare in postseason; Miami, invece, ha preso 30 punti in una partita che avrebbe dovuto vincere. Ora, qualcuno potrebbe obiettare che Baltimore, Cleveland e Indianapolis non affrontavano franchigie in uno stato di grazia come i Buffalo Bills; che ormai non si nascondono più e si dimostrano una delle squadre più attrezzate per una lunga corsa nei playoff ma si tratterebbe di un’obiezione piuttosto debole, dal momento che i Fins sono stati devastati sul campo, in ogni frangente, come stiamo per vedere.

Isaiah McKenzie, autore di una partita superlativa, realizza un TD contro i Miami Dolphins. Foto: Palm Beach Post.

La sintesi del match

La partita non si mette fin da subito su binari favorevoli ai padroni di casa di Buffalo. Sono loro a partire in attacco e Josh Allen, il quale gioca nonostante i suoi siano già qualificati per la postseason, trova subito John Brown per un primo down. Poi lo stesso fa il ricevitore Stefon Diggs, il quale, assieme al suo QB, è in assoluto una delle note più positive di questa ottima stagione dei Bills prima che Andrew Van Ginkel con un sack atterri Allen. Da una buona giocata difensiva ne segue immediatamente una seconda: l’intercetto di Byron Jones. Gli arbitri non se ne accorgono subito ma grazie ad una perfetta challenge di Brian Flores rivedono la giocata e assegnano il turnover a Miami. I Dolphins ne approfittano solo parzialmente, trasformando l’INT in 3 punti dopo il FG lungo 49 yards realizzato da Jason Sanders al termine di un possesso dove si mettono in luce il TE Durham Smythe, che si guadagna un primo, e il LB Tremaine Edmunds, autore di un sack ai danni di Tua Tagovailoa.

Il possesso di Buffalo vede un primo down preso da Zack Moss e poi un punt di Cory Bojorquez. A ciò segue un 3 e fuori per Miami, viziato anche da una penalità per falsa partenza fischiata a Smythe. Anche i Bills vanno in punt ma lo fanno in maniera perfetta: Bojorquez con il mirino fa rimbalzare l’ovale all’interno delle 1 offensive, dando a Tagovailoa la peggior partenza possibile. Il rookie non riesce a guadagnare un nuovo set di down e Matt Haack va nuovamente al calcio libero. Nel drive seguente Allen migliora nuovamente un record per i Bills (ha già quello per il maggior numero di TD stagionali di franchigia) diventando il giocatore di Buffalo con il maggior numero di yards passate in una regular season, connettendo con il suo RB, Devin Singletary. Diggs trova un big play in ricezione da 18 yards e accorcia molto il campo, tanto da consentire al suo QB di passarla a Isaiah McKenzie che trova un TD lungo 7 yards. La risposta dei Dolphins, che a questo punto cominciano a dimostrarsi inferiori, è un primo down di Adam Shaheen, al quale segue un punt. I padroni di casa guadagnano prima 10 yards con il TE Dawson Knox, poi ben 21 con l’infallibile Diggs e infine McKenzie trova un 1 – 2 vincente: prima una ricezione lunga 19 yards e poi un TD per 14. Buffalo allunga e Miami risponde con un 3 and out.

Il punt di Haack, di fatto, è una sentenza sulla partita. Il solito McKenzie riceve e ritorna in maniera perfetta, con una corsa spettacolare lunga 84 yards che si conclude solo in meta, per il suo terzo TD di giornata. Finalmente vediamo un drive concreto da parte di un attacco di Miami che sarà ampiamente insufficiente, al termine della gara: primo down per Lynn Bowden, primo Myles Gaskin e poi grande scambio tra i due con Bowden – il quale ha esperienza al college come QB – che su un passaggio laterale trova il RB con il numero 37 consentendogli di guadagnare 32 yards, in modo da aprire la strada ad un altro FG di Sanders. Buffalo è ormai padrona assoluta del terreno di gioco: Diggs e Brown guadagnano due primi tentativi, il secondo dei quali per ben 28 yards, prima che lo stesso Brown superi in velocità un Byron Jones che non ha neppure lontanamente il suo passo e dimostri al mondo, in applicazione pratica, tutta l’assurdità del paradosso di Achille e della tartaruga involandosi per un TD lungo 32 yards. Dopo un nuovo 3 e fuori dei Dolphins, il primo tempo si conclude sul 28 a 6 Buffalo. Non nevica ad ovest di New York – come alcune previsioni avevano anticipato – ma grandina ugualmente per Miami.

Josh Allen è ora detentore del record di yards passate in stagione per un QB in uniforme Bills, complimenti a lui per la sua straordinaria regular season. Foto: buffalowdown.com

Un secondo tempo utile soltanto alle statistiche

C’è una reazione d’orgoglio da parte dei Dolphins, ad inizio terzo quarto, quando gli ospiti partono con la palla. Gran parte del merito di questo tentativo è di DeVante Parker, in ombra nel primo tempo, il quale riceve bene, tre volte consecutive, incoraggiando evidentemente anche Tagovailoa che ottiene un primo in scramble. A seguito di una pass interference difensiva in end zone, Miami ha campo corto per consentire a Gaskin un agevole TD in corsa. I Bills a questo punto hanno capito l’antifona e tengono sulla sideline tanto Allen quanto Diggs, inutile metterli a rischio in una sfida contro un avversario materasso, deve pensare Sean McDermott quanto decide di dare la squadra in mano a Matt Barkley, QB di riserva il quale sarà più che sufficiente per chiuderla con stile. Antonio Williams, undrafted rookie che gioca come RB e ha trovato poco spazio finora, inizia a questo punto la sua distruzione della difesa di Miami, quella che abbiamo più volte definito un reparto da playoff, raccontandoci a quanto pare una barzelletta. Williams guadagna 18 yards, poi McKenzie ne prende 15 e solo a questo punto la difesa decide finalmente di rallentare l’attacco, riuscendo a causare un punt.

Chissà che non possa essere un segnale per un’eventuale rimonta? Il pensiero dura una decina di secondi, perché poi Tagovailoa si fa intercettare da Josh Norman, il quale riporta l’ovale in meta firmando una pick 6 che fa molto same old Dolphins, per citare un noto modo di dire, particolarmente utilizzato dalla esasperata tifoseria di Miami. Chan Gailey e Flores non sanno più esattamente che pesci pigliare e allora provano a dare più libertà al QB, il quale guadagna un paio di primi down in scramble prima di andare al lancio lungo, che Isaiah Ford droppa in maniera apparentemente clamorosa, prima che il replay lo scagioni, evidenziando un difensore che devia la traiettoria dell’ovale. Segue un turnover on downs perché i Fins giocano ormai sui 4 tentativi, non avendo più nulla da perdere. Da un turnover passiamo ad un altro, grazie all’intercetto numero 10 in stagione di Xavien Howard, uno dei pochi fari nel buio pomeriggio di Buffalo. Tagovailoa ha un’altra chance per dimostrare il suo valore e dare speranza all’ambiente e giustamente che fa? Tira un intercetto atroce tra le braccia di Dean Marlowe che ringrazia. Per i Bills è tutto uno spasso: McKenzie, Gabriel Davis e la matricola Williams muovono le catene, chiudendo il possesso con un TD lungo 18 yards preso in corsa dal RB. Il tabellone dice tanto a poco come quando si giochicchia nei campetti di periferia e l’incaricato di tenere a mente il punteggio se lo scorda, dato lo sbilanciamento tra le due contendenti.

La ripartenza Miami è un replay di quanto appena visto: lancio di Tua e intercetto di Marlowe. Imbarazzante. Antonio Williams a questo punto si diverte, riceve un primo e corre per un TD lungo 2 yards; i Bills prendono a calci un animale già morto stecchito, rendendosi colpevoli di un gesto abbastanza poco sportivo nel football americano: continuare a segnare anche quando la partita è già chiaramente conclusato run up the score, si dice in lingua. Poco male, i giocatori ci tengono alle statistiche e magari hanno anche incentivi particolari, nei loro contratti, che valgono loro più danaro qualora raggiungano determinati obiettivi legati alla loro posizione. Siamo in garbage time e non serve più a nulla ma i Fins trovano una marcatura; a chiusura di un possesso dove si mettono in evidenza Ford e Mike Gesicki, Salvon Ahmed trova un TD che arrotonda un pò il punteggio. In seguito si tenta una conversione da 2 punti, senza alcun successo e poi tocca ancora ai Bills. Nuovo drive, nuovo TD, a realizzarlo ci pensa Gabriel Davis con una segnatura lunga 56 yards. Prima dei titoli di coda, vediamo finalmente un TD lanciato da Tagovailoa; la matricola connette con Malcolm Perry in end zone per fissare il punteggio finale sul 56 a 26. Il secondo tempo, di fatto, è servito soltanto a solidificare alcune statistiche, i Bills l’hanno chiusa nel secondo quarto a fronte di una squadra di Miami che non merita affatto di giocare ai playoff, per quanto ha dimostrato in questa sfida che era la più importante della sua stagione e della carriera di molti dei componenti di questa squadra, a partire dal capo allenatore.

I Buffalo Bills si dimostrano una franchigia in grado di fare benissimo anche ai playoff. Foto: Palm Beach Post.

Un finale che lascia l’amaro in bocca

Inevitabilmente, uscire in questa maniera dai playoff, dopo aver totalizzato ben 10 vittorie, lascia l’amaro in bocca. Perché se guardiamo il quadro dei playoff ci rendiamo conto come vi compaiano franchigie con record negativo (Washington) o in parità (Chicago) mentre Miami ne è fuori nonostante il buon record. Purtroppo la differenza di qualità tra le due conference è tale che, in AFC, si può restare sul divano a gennaio anche dopo averne vinte 10. Ce ne faremo una ragione.

Per quanto difficile possa essere farlo in questi giorni nei quali l’eliminazione dalla postseason è ancora così fresca, bisogna considerare come, nonostante la sua conclusione, la stagione sia stata davvero buona per Miami. Se a inizio settembre, senza alcuna preseason e con la consapevolezza di venire da un anno in cui si è vinto soltanto 5 volte, avessimo saputo come sarebbe terminata la stagione, ne saremmo tutti stati lieti. In 12 mesi i Dolphins hanno raddoppiato le loro W, pur disponendo di una squadra ancora in completo rebuilding, alla quale mancano tantissimi pezzi in attacco e svariati rinforzi per le linee. Nella prossima offseason, la quale per Miami è cominciata dopo la vittoria di Indianapolis contro Jacksonville e l’ufficialità dell’ottavo seed di conference, sarà prioritario rinforzare quei reparti e sono sicuro che Chris Grier si accerterà di farlo, tanto in free agency quanto al draft.

Le speculazioni, inevitabilmente, sono già cominciate. I colpevoli, come sempre, sono il QB e il capo allenatore – pardon, il coordinatore offensivo dato che, nell’ambiente vicino ai Dolphins, Flores gode di grande rispetto – anche se faccio fatica a comprenderne il perché. Gailey ha alcune colpe, senz’altro; ci sono state occasioni in cui il suo playcalling ha perplesso ma davvero ci aspettavamo che Tagovailoa lanciasse in lungo e in largo come Clint Eastwood nei suoi celeberrimi western? Al suo primo anno? In quel caso avremmo dovuto selezionare un QB con un braccio dalla potenza elitaria, leggi Joe Burrow o Justin Herbert, non certo uno che all’università lanciava praticamente solo slant corti nonostante avesse un parco ricevitori enormemente migliore di qualunque concorrente. Eppure, mi sembra che non fossero tanti quei tifosi che in aprile prediligevano il prospetto da Oregon a quello da Alabama. Allora, è forse il caso di smettere di incolpare Gailey per i demeriti di Tua e dare modo ad entrambi di sviluppare meglio il loro gioco rapido, in schema up-tempo West Coast come lo si chiama in gergo, tutto basato su velocità e lanci brevi, orizzontali, pensati per aprire varchi nella difesa avversaria, stancandola e rendendola vulnerabile. Il coordinatore offensivo è piuttosto anziano, dal momento che ha 69 anni, dunque potrebbe anche succedere che si decida di sostituirlo con qualcuno più giovane e creativo. Potrebbe persino essere lui stesso a decidere di ritirarsi a vita privata. Il contratto firmato con i Fins, ad ogni modo, è biennale e, dunque, al momento in cui scrivo, è lecito pensare che resti lui l’addetto all’attacco anche per il 2021. Molto cambia, però, in una offseason NFL. Comunque vada, quello su cui ora occorre concentrarsi è come continuare al meglio il lavoro intrapreso lo scorso gennaio, come aggiungere altri tasselli importanti ad una buona base per riuscire a migliorare gioco, record e risultati. Chissà che non riesca anche Miami a trovare il suo Stefon Diggs, nelle prossime settimane.

I Buffalo Bills hanno dimostrato di essere stati in grado di trasformarsi in una grande squadra dopo qualche anno di ricostruzione; per impensierirli in futuro, Miami dovrà fare lo stesso. Foto: Sun Sentinel.

Nella serata di martedì 5 gennaio, alle ore 21, Touchdown Magazine terrà una diretta su Facebook per ripercorrere la stagione appena conclusa, ci sarà modo di parlare anche di Miami Dolphins e sarà possibile fare domande e commenti. Naturalmente, siete tutti invitati a partecipare all’appuntamento.

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