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Le luci della ribalta: i Dolphins trionfano a New Orleans

Non si fermano i Miami Dolphins, trionfanti anche a New Orleans contro dei Saints decimati dal Covid. Al momento, i Fins sono ai playoff con il settimo seed AFC.


Una vittoria nella NFL è sempre un’ottima notizia. Se poi arriva in Monday Night, quando hai gli occhi del mondo addosso e giochi fuori casa in una pentola a pressione come il Superdome di New Orleans è ancora meglio. Se ancora la vittoria di cui sopra è la settima consecutiva in una stagione iniziata malissimo, allora sei proprio autorizzato a sprizzare gioia da tutti i pori, che è esattamente la situazione in cui si trova l’ambiente vicino ai Miami Dolphins in questi giorni.

Certo, facile vincere contro chi ha 22 giocatori in lista Covid, starà già pensando qualcuno. Quel qualcuno ha ragione. Le defezioni hanno privato i padroni di casa di molti nomi importanti, provandone il valore. Ciò non toglie comunque che New Orleans ha potuto schierare svariate superstars. Ad ogni modo, le condizioni di salute degli avversari non sono certo un problema di Miami che, come ogni franchigia militante in questa lega iper-competitiva, si limita a sfruttare ogni vantaggio che la sorte le conceda.

Mai nella storia della NFL – nata nel 1966 – una squadra aveva messo a verbale una striscia di 7 sconfitte consecutive e una di altrettante vittorie di seguito, nella stessa stagione. Era dal 1985 che i Dolphins non avevano una streak di 7 W a loro favore, quando si giocava un football di altri tempi e il QB a Miami era il signor Dan Marino. Tutti contenti ma questa striscia deve continuare se vogliamo giocare i playoff.

Prova di forza

Ian Book ha subito 8 sacks nella sfida di lunedì notte. Foto: CNN.

In un palcoscenico fantastico, situato in una città innamorata dei suoi Saints, partono in avanti gli ospiti. Si distinguono subito Mike Gesicki e Jaylen Waddle, che muove la catena, nonché il CB Marshon Lattimore, il quale è sanzionato per una – sciocca – violenza non necessaria ai danni dell’elettrico WR di Miami. Il drive viene però fermato e Michael Palardy va in punt. Per New Orleans il timoniere lo fa in questa serata Ian Book, rookie da Notre Dame che detiene il record assoluto di vittorie con i Fighting Irish ma non parte benissimo. Dopo che Andrew Van Ginkel devia l’ovale lanciato, esso termina tra le braccia di Nik Needham che lo riporta in meta: il primo drive della matricola si chiude con un pick-6: benvenuto nella NFL. Book ha modo di riprovarci subito, ma Emmanuel Ogbah trova un sack, punt e palla a Miami.

Al consueto grande Waddle si affiancano Phillip Lindsay e Durham Smythe; Miami si muove bene, almeno finché Marcus Davenport non forza un fumble ai danni di Tua Tagovailoa ma la sua offense è abbastanza lucida da ricoprire la palla ed evitare disastri. Ciò dà modo a Jason Sanders di trovare un FG valido 3 punti. Seguono due drive interlocutori: NO fa male (sack di Jerome Baker) e MIA pure peggio (fallimento sulla conversione da quarto tentativo chiesta a Jacoby Brissett), e allora i padroni di casa trovano un pò di brio.

Book sta meglio nella tasca e trova un primo down grazie al suo ricevitore Marquez Callaway, si tratta del primo della partita per i suoi. Al punt Saints segue quello Dolphins, causato anche da un holding chiamato alla linea Liam Eichenberg. Sarà il primo di una serie di 3 trattenute lesive per i Fins, provocate da quello che è ora nettamente il reparto peggiore della franchigia, in seguito all’arrivo di due validi RB come Lindsay e Duke Johnson. Se Callaway è il go-to-WR per Book, Alvin Kamara comincia finalmente a partecipare alla partita: trova due primi down, il secondo dei quali diventa enorme a causa di un roughing the passer e New Orleans va finalmente a tabellone, anche se solo grazie a un FG.

Dopo due bei primi down di Waddle, stellare anche in questa gara, Cameron Jordan fa quel che sa fare meglio: atterra il QB. Il sack ai danni di Tua è un errore da matita rossa per i Dolphins, che pure stavano giocando benino in attacco, in quanto allontana lo snap dalla end-zone. Sanders tenta lo stesso il FG da 59 yards ma fa soltanto la barba al palo, il primo tempo si conclude sul 10-3 per Miami, che appare saldamente in comando della sfida seppure fosse lecito aspettarsi una distanza maggiore nel punteggio, vista la tremenda situazione Covid in casa Saints. Ciononostante, gli ospiti sono in procinto di mostrare i loro muscoli, come ora vedremo.

La conclusione che attendevamo

L’inizio del terzo quarto è brutto per i Saints, che non vanno oltre un punt e tremendo per Miami, con Tagovailoa che si fa intercettare da Lattimore una bomba lanciata nel nulla, con Waddle libero a poca distanza da lui: pessima decisione, come spesso accade al numero 1, il quale pare deconcentrarsi e perdere lucidità in situazioni come queste ove, di fatto, regala l’ovale ai suoi avversari in maniera gratuita. Per fortuna, Tua rimedia sempre agli errori con il drive migliore della partita. Accade anche questa volta dopo che Brandon Jones con un sack uccide il possesso Saints. Tua trova Mack Hollins lungo, per una ricezione di ben 40 yards sulla quale Sean Payton spreca clamorosamente una challenge, chiamandola a seguito di una catch immacolata sulla quale c’era davvero ben poco da rivedere. Il QB e Johnson scambiano per un flea-flicker che libera Waddle per un bel primo down, poi è lo stesso Johnson a correre per un nuovo set di down e infine una penalità di roughing mette Miami sulle 1 offensive. Con uno schema creativo, i Fins trovano Waddle sul breve e il rookie entra in meta grazie alla sua velocità.

Segue un punt per parte, una fallita conversione da quarto per i Saints, un FG corto di Sanders – chiave, perché fisserà il punteggio sul 20-3 finale, e una buona serie di ottime giocate difensive per Miami, che chiuderà la sfida con 8 sacks ai danni di Ian Book. In ordine ne arrivano una combinata che vede all’opera Brandon Jones e Jevon Holland, una per Baker e una per Ogbah. L’unico drive che merita di essere raccontato in garbage time è quello che parte in seguito all’ottimo punt di Palardy che lascia i Saints sulle loro 1. Da quella situazione Book esce ottimamente trovando Lil’Jordan Humphrey con una ricezione da 57 yards. Subito dopo, però, si fa intercettare da Brandon Jones sul play che, di fatto, chiude la gara.

A Cesare quel che è di Cesare

Nel paragrafo delle considerazioni finali, diamo gloria anche a uno di quelli cui più spesso abbiamo rivolto critiche – meritate – perché gli va riconosciuto di aver messo assieme un playbook efficace e vincente: George Godsey. Il coordinatore offensivo dei Dolphins ha mixato bene corse – poche – e passaggi – brevi – restando sempre creativo con Waddle, il quale è stato schierato ovunque e ha continuamente dato pochissimi punti di riferimento alla difesa Saints. La matricola continua nella sua stellare prima stagione, trovandosi ora a un pugno di ricezioni dalle storiche 101 di Anquan Boldin, il massimo per un rookie, record che il numero 17 può polverizzare dal momento che vi sono ancora due partite da giocare. Ricordiamo che Waddle saltò la sfida ai New York Jets a causa del Covid protocol.

Jaylen Waddle dopo una delle sue ricezioni da primo down. Foto: Miami Herald.

Chiariamo di nuovo che se a una difesa mancano Demario Davis – il giocatore più importante in questo reparto per New Orleans – Kwon Alexander e Malcolm Jenkins, tutto diventa più facile per l’attacco avversario, attenti però a non attribuire il merito di questo risultato soltanto ai problemi Saints, poiché Payton – che non è certo uno sprovveduto – ha aggiustato la sua squadra continuamente, nel corso della gara, proprio come devono saper fare i grandi head coach. La stat line dell’attacco di Miami riporta 259 yards di total offense; ciò significa che la difesa di casa ha fatto il suo, eccome.

Parliamo ora però della difesa di Miami. Delle briciole lasciate a Book testimoniate da quell’orribile 0/12 alla voce conversioni da terzo tentativo, dagli 8 sacks e dal continuo blitz su ogni key drive, ovvero quella stessa formula che irretì Lamar Jackson in ottobre, durante l’altro prime time game stagionale dei Fins. Tutti quelli che hanno chiesto la testa del coordinatore Josh Boyer quando questo reparto faceva acqua da tutte le parti, a cominciare da chi scrive, devono chiedere scusa a lui e a Brian Flores, che hanno saputo restituire alla defense la fiducia di cui aveva bisogno, affinando al meglio Jaelan Phillips e Jevon Holland, due rookie che sono già tra i migliori nel loro ruolo. Ian Book è stato messo sotto pressione in un dropback su due. Ok che c’era un grosso problema Covid a New Orleans ma ricordiamoci che stiamo parlando di quella che – probabilmente – è la miglior linea offensiva nella NFL. È questa difesa che ha impugnato il volante nel corso dell’inversione a U che ha messo i Fins in lotta serrata per un posto alle prossime wildcards.

Al momento il settimo seed della AFC – l’ultimo per i playoffs – appartiene ai pinnati. Domenica abbiamo però i Tennessee Titans e la regular la chiudiamo in casa, con i New England Patriots. Ci attendono due test oltremodo impegnativi, con due rivali dirette per la postseason. Lo show di Waddle ci sta sicuramente divertendo ma non basterà a vincerle entrambe. Principale motivo di preoccupazione, naturalmente, è la linea offensiva, la quale continua ad apparire sotto-livellata rispetto alla concorrenza e spesso è causa di errori del QB. La soluzione di far lanciare breve Tua con questa frequenza si deve anche alla consapevolezza che difficilmente la linea potrebbe proteggerlo a lungo. In offseason ci sarà modo di andare a contattare qualche free agent di peso, dal momento che Miami avrà moltissimo salary cap con cui giocare, ma per le prossime settimane bisognerà riuscire a fare di necessità virtù. Questa linea non è certo da playoff ma preferiamo naturalmente arrivare a giocarli ed accorgercene a gennaio inoltrato che essere costretti ad accomodarci in divano già dal turno delle wildcards.

 

 

 

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