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Uno scoglio su cui issarsi: preview di Las Vegas Raiders – Miami Dolphins

Difficile partita quella che attende a Las Vegas i Miami Dolphins orfani di Tua e reduci da una Caporetto storica contro i Buffalo Bills.


Non dirò che non faccia ancora male, mentirei. Chi segue la NFL, però, ben sa che la regular season è una maratona, non una sfida sui 100 metri. Per tal motivo, occorre lasciarsi subito alle spalle la Caporetto di domenica scorsa, contro i Buffalo Bills, quelli che – con ampio merito – hanno steso i Miami Dolphins e ne hanno poi umiliato il cadavere, chiudendo la partita – o lo sparring match, per meglio dire – su un 35 a 0 che ho raccontato, in maniera non facile, qualche giorno fa.

Ogni partita fa storia a sé, e questo è un auspicio, oltre che un fatto provato. Non sono rare le volte in cui una squadra data per spacciata è riuscita, una settimana dopo, a risorgere dalle proprie ceneri. Dobbiamo sperare che valga lo stesso per i Dolphins, seppure vi siano validi motivi, ahinoi, per ritenere il contrario.

Qualche gatta da pelare

Quali sarebbero i validi motivi? Partiamo dal primo, che non è certo il QB. Scacciamo da subito l’insopportabile ronzio di chi domanda a gran voce DeShaun Watson, uno che oltre ad avere in corso un procedimento giudiziario per molestie sessuali in seguito alle accuse di oltre 20 donne – fatto gravissimo, da squalifica umana prima che sportiva, il che è molto più grave e dobbiamo scriverlo perché questi messaggi vanno fatti passare in maniera forte e chiara – costerebbe più caro del riscatto di un principe e la sua consorte in termini di draft capital e/o giocatori superstar. Il problema di Miami, oggi, non è chi riceve la palla dal centro, bensì chi dovrebbe proteggerlo, dunque gli uomini di linea. Se il pacchetto protettivo che forma la tasca è quello di domenica, poco importa chi hai dietro. Seppure la mobilità di Watson dovesse davvero dimostrarsi migliore di quella di Tua Tagovailoa – cosa sulla quale l’anno scorso vi erano pochi dubbi ma di cui ora siamo meno certi, visto che non gioca da tempo – sarebbe davvero un guadagno degno di tal nome? Non penso.

Chi spinge per Watson preme principalmente su due tasti: quello della mobilità ora presentato e il fatto che tre prime scelte al draft siano un capitale sacrificabile, se i giocatori che ci prendi sono Tua Tagovailoa, Austin Jackson e Noah Igbinoghene.

Si prospetta un rimaneggiamento profondo della O-line, com’è giusto, se non altro per punirli facendo capire bene la severità degli errori commessi contro dei Bills ai quali non puoi conceder nulla, per imbastire un attacco che sappia essere efficace al cospetto di una franchigia che ha cominciato benissimo la stagione, convincendo in entrambe le prime due uscite, esattamente il contrario di quanto abbiano fatto i Dolphins. Lo staff di Miami ha annunciato che molte cose sono state valutate durante le prime fasi della disfatta in week 2, quando la gara restava aperta. Leggendo tra le righe, si capisce che vedremo modifiche.

Se la linea offensiva, i suoi componenti e il ruolo nel quale vadano schierati, è il principale cruccio di Miami, non si può dir diversamente dell’attacco. Nella sfida con Buffalo i Fins hanno droppato 5 passaggi. Non è una statistica da NFL; troppi errori. Sul quarto quarto, giocato in maniera molto aggressiva, forse persino troppo, andando sempre alla mano, Miami ha fatto 0 su 4; il dato 2020 dice 8 su 10 (80% secco). Un’involuzione terrificante. E che dire delle 9 penalità (per 83 yards nascoste perdute o regalate agli avversari) chiamate a una formazione che si vantava della sua disciplina? La squadra vista la settimana scorsa sembra una parente lontanissima di una franchigia allenata da Brian Flores, motivo per il quale possiamo mantenerci positivi per la sfida a Las Vegas, nella quale è lecito attendersi un ritorno dei noti Dolphins.

Parlando di Flores, il capo allenatore ha ammesso la sua responsabilità in merito all’esito della sfida contro Buffalo, e lo ha fatto a dovere. Quella partita è parsa, fin dalle battute iniziali, preparata male dai Dolphins.

“Dobbiamo migliorare in tantissime cose. Faremo un lavoro migliore nel preparare i ragazzi a scendere in campo. E si, rivedremo le formazioni per verificare se possiamo apportare delle modifiche che ci consentano di giocare meglio di quanto abbiamo fatto.”

Ha affermato ai microfoni della stampa il capo allenatore. Probabilmente, in settimana si sarà insistito molto su come eseguire al meglio i fondamentali delle varie posizioni, soprattutto quelle offensive. I pochi spiragli di luce che hanno squarciato il cupo cielo su Miami di domenica scorsa – pioveva a sprazzi, mentre in campo grandinava in maniera ininterrotta, e i chicchi che cadevano erano punti di Buffalo – sono arrivati dalla defense.

Le condizioni degli avversari

Derek Carr in azione contro i Miami Dolphins, l’anno scorso. Foto: fresnobee.com.

Las Vegas sta molto bene, principalmente perché Derek Carr sta molto bene. Le prime due partite di questa stagione sono state due show personali per il QB, spesso discusso a causa della sua discontinuità ma che in questo inizio di stagione sta veramente dando il meglio di sé, mostrando a tutti di cosa sia capace. L’affiatamento con Darren Waller e Hunter Renfrow è cosa nota dall’anno scorso, nell’ultima partita però si è fatto vedere anche il nome forse più atteso tra le fila del deserto del Nevada – e della baia di San Francisco, dato che i Raiders hanno ancora tantissimi supporters dall’altra parte del Golden Gate, in quella Oakland che hanno rappresentato per anni e che è ancor oggi sede del Black Hole, la più importante community mondiale di tifosi dei Raiders, una delle franchigie di football più amate anche oltre l’Atlantico – Henry Ruggs III. Il ricevitore era arrivato tra enormi aspettative l’anno scorso, uscito da un draft nel quale era decisamente tra i nomi più attesi. Dopo una prima stagione in sordina e una week 1 da fantasma, nella seconda uscita di quest’anno, Carr ha connesso con lui per uno spettacolare TD lungo 61 yards. Tanto è bastato a riaccendere l’entusiasmo verso di lui. Nello stesso attacco figurano anche Josh Jacobs e una vecchia conoscenza di Miami, Kenyan Drake, a formare il principale tandem di RB.

“Siamo tutti felici di aver iniziato questa stagione sul 2-0 e tutto il resto ma significa molto poco, non danno premi dopo due settimane. Non ti danno proprio nulla. Troviamo una squadra che l’anno scorso ci ha messo in grande difficoltà e ci ha battuto.” La sfida contro Las Vegas rappresentò l’anno scorso un acuto clamoroso di Miami, in svantaggio a 19 secondi dalla fine ma capace di imbastire un attacco tenace e inarrestabile griffato Ryan “Fitzmagic” – viziato da uno dei falli personali meno comprensibili nella storia di questo sport – che diede modo a Jason Sanders di chiuderla con un field goal valido per la W Dolphins, di misura, per 26 a 25. Quest’anno, però, le due franchigie stanno attraversando due momenti molto diversi.

“Sono esplosivi. Sanno muovere la palla, Derek Carr fa un lavoro pazzesco. Bisogna partire da lui, ha un totale controllo dell’attacco, lo mette in buona posizione per aver successo, sfrutta i matchup, sa dove la difesa guarderà. Per quanto riguarda la defense, invece, Gus Bradley sta facendo un ottimo lavoro nella preparazione di quel gruppo.” Ha detto Flores, parlando degli avversari. Contro questi Raiders, in uno stadio come l’Allegiant che i tifosi neroargentati hanno cominciato ad amare – e come biasimarli, data la sua bellezza? – in questo momento e dati i problemi di cui si è già dato conto che sta attraversando Miami, quante speranze hanno i Fins di trionfare? Qualcuna, se interpreteranno bene la gara, magari seguendo queste chiavi.

I possibili temi della partita

Come sempre tengo a specificare, non possiedo alcuna sfera di cristallo. Conoscendo però il modo di giocare di entrambe le franchigie, ritengo buone le possibilità che gli elementi che si riveleranno decisivi per l’esito finale della sfida saranno i seguenti.

L’impatto di Jacoby Brissett

Tua Tagovailoa tornerà in campo quando le costole glielo consentiranno. Fino a quel momento, la squadra sarà di Brissett. Non è una catastrofe, parliamo di un giocatore che ha fatto anche il QB1 a Indianapolis, dopo il ritiro a sorpresa di Andrew Luck, dunque un backup di tutto rispetto, che ha dell’esperienza e può sfruttarla meglio di Tua che è poco più di un rookie. Brissett si considera un titolare, ha uno score di 12 – 20 da starter e una percentuale di completamento che sfiora il 60%. Il suo rating è di 82.7, ventisettesimo tra i QB che hanno effettuato almeno 1000 lanci. Deve dimostrare di poter davvero giocare come titolare in questa lega.

Con il fiato corto

Se Carr sta passando la palla in maniera pressoché impeccabile, non possiamo certo dire lo stesso del gioco in corsa dei Raiders. Si nota poco perché Las Vegas vince e convince ma il running game Raiders è ampiamente insufficiente. Jacobs non trova buchi, non soltanto per colpa sua, bensì anche a causa di chi non blocca bene e lo espone a rischi di infortunio. Non a caso, il RB è a rischio per domani e non sappiamo ancora, mentre scrivo, se sarà disponibile.

“È difficile correre contro alcune difese. Devi trovare altri modi di muovere la palla e al momento stiamo passando bene, ma dobbiamo ancora migliorare.  I filmati ci dimostrano che contro Miami sarà una lunga giornata, in corsa e in passaggio.” Ha detto Jon Gruden, capo allenatore di Las Vegas, sottintendendo complimenti alla difesa dei Dolphins, l’unità che sta tenendo i pinnati a galla, di questi tempi.

Problemi in trasferta

L’Allegiant Stadium, tempio dei Las Vegas Raiders. L’inconfondibile architettura e l’intrattenimento tipico della città danno vita a un luogo incredibilmente affascinante. I Dolphins giocheranno qui la sfida della loro week 3. Foto: Visit Las Vegas.

 

Miami ha vinto al debutto, fuori casa, contro New England. Sono 8 stagioni che i Dolphins non vincono due trasferte consecutive, da quel 2013 in cui iniziarono 3 – 0 sulle gambe di Reggie Bush, prima che il RB smettesse di correre sul gridiron e cominciasse a farlo dietro ai tacchi di Kim Kardashian. Quello stesso anno, comunque, i Fins della matricola Ryan Tannehill terminarono la stagione 8-8, dunque non si tratta necessariamente di un precedente da ricalcare. Ad ogni modo, quest’anno c’è da recuperare la brutta prestazione con Buffalo ed evitare di partire 1-2, collocandosi in una situazione complicata guardando il calendario delle prossime settimane.

I Dolphins l’anno scorso hanno registrato uno score di 4-1 nelle partite dopo una sconfitta, migliorando moltissimo dal 2019 – naturalmente – e questo dato può essere incoraggiante, soprattutto perché le 4 vittorie sono seguite alle ultime 4 sconfitte, tralasciando ovviamente quella a Buffalo che era l’ultima gara in programma nella stagione di Miami.

Sfida tra lockdown corner

Il reparto più temibile di Miami è naturalmente la secondaria difensiva, ove svettano i nomi dei mastini Xavien Howard e Byron Jones. Attenzione però anche ai CB di Las Vegas, soprattutto a Casey Hayward, free agent recentemente aggiunto al roster dopo una brutta esperienza con i Los Angeles Chargers. La sua esperienza con Bradley è apparsa subito evidente e il difensore ha fatto molto bene in queste prime due settimane con la nuova franchigia. Deve infatti ancora concedere una singola ricezione sull’uomo marcato.

Insomma, la partita non è affatto facile, per nessuna delle due squadre. Ovvio che ora come ora, il pronostico arrida a Las Vegas, team che sta giocando benissimo e sarà in casa ma Miami può dire la sua, specialmente se trasformasse in grinta la rabbia dell’umiliazione di una settimana fa. Forza Dolphins.

 

 

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