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Big Ten: analisi della seconda conference più competitiva della NCAA

Review della Big Ten Conference (BIG TEN). Nel borsino delle conference più competitive, è dietro solo alla South Eastern Conference (SEC).

Big ten conference NCAA

Ammettiamolo, la SEC la fa da padrona: Alabama è la corazzata che quasi sempre si scontra con altre forze della natura come LSU, Auburn e Florida. Poi quando si dimentica di fare Alabama, va alla finale del campionato universitario, e finisce per prenderle. Quando invece si ricorda di quello che rappresenta, finisce per non lasciare nemmeno le briciole agli avversari.

Tuttavia, c’è una conference, proprio a nord della SEC, più o meno della stessa larghezza, che rimane sonnacchiosa per gran parte dell’inizio della stagione. Poi iniziano le partite serie, quelle che incollano degli stati interi alla TV, dei derby che mettono a confronto anche università dello stesso stato, e che a volte regalano agli almanacchi del football i giocatori più importanti, forti e vincenti degli ultimi vent’anni.

Uno su tutti: un ragazzone neanche particolarmente ben formato fisicamente, che viene dalla California, che giochicchia a Michigan, e poi viene preso quasi per noia come 199° assoluto. Dobbiamo dirvi chi è?

Una conference giovane 124 anni

124 anni, e quasi non sentirli. Spesso con studenti che sono diventati famosi non solo per le loro gesta sportive: vi basti pensare che in questa conference, che comprende fra le altre i Nittany Lions di Penn State, Wisconsin-Madison, i Wolverines e i Fighting Illini di Urbana-Champaign ci sono 110 premi Nobel.

L’allora presidente di Purdue, James H. Smart nell’anno di grazia 1895, insieme ad altri emissari di università prossime alla West Lafayette (Illinois, Chicago, Northwestern, Wisconsin, Michigan e Minnesota) pensò di riunire un nutrito gruppo di istituzioni accademica e gettare le basi per una conference di sport praticati nelle università “ristretto solo a veri sport, studenti a tempo pieno in regola con il corso di studi”.

Se avvolgiamo il nastro del tempo ai giorni nostri, vediamo come Chicago sia passata alla division III della NCAA, ma nella conference che si chiama Big Ten, troviamo 14 università, 11 stati (dall’oceano Atlantico al pieno Midwest), e rivalità accessissime, che spesso si risolvono dalla cena del Ringraziamento a poco prima di Natale (così da non rendere indigesta nessuna delle due cene, nel caso la propria squadra finisca la stagione con le ossa rotte).

Le università che schierano una squadra di football americano nella BIG TEN sono:

EAST DIVISION

  • Indiana Hoosiers
  • Maryland Terrapins
  • Michigan Wolverines
  • Michigan State Spartans
  • Ohio State Buckeyes
  • Penn State Nittany Lions
  • Rutgers Scarlet Knights

WEST DIVISION

  • Illinois Fighing Illini
  • Iowa Hawkeyes
  • Minnesota Golden Gophers
  • Nebraska Cornhuskers
  • Northwestern Wildcats
  • Purdue Boilermakers
  • Wisconsin Badgers

Vi parliamo brevemente di alcune delle istituzioni accademiche che sono state rese famose sia dai suoi studenti, che dagli atleti che hanno dato lustro non solo nel campo di gioco.

Purdue Boilermakers

Purdue University

La culla degli astronauti. Nato come college di agraria e politecnico a West Lafayette in Indiana, Purdue prende il nome dal benefattore principale, John Purdue. Da questa università sono usciti il primo e l’ultimo uomo ad aver messo piede sulla Luna (aspetteremo il 2024 per aggiornare questa affermazione): Neil Armstrong e Eugene Cernan.

Ma è molto probabile che in un futuro prossimo, dedicheranno almeno una statua al QB che più di ogni altri è entrato nel cuore di molti tifosi, specie a New Orleans: Drew Brees. Il curriculum di Brees è immenso, e la stagione che ha chiuso tra il 2018 e 2019 parla chiaro: è entrato a far parte del ristretto club dei 500, quello dei touchdown messi a segno in carriera. Nella gara contro i Redskins ha polverizzato il record detenuto da Peyton Manning per il maggior numero di yard lanciate, e forse già questa stagione strapperà a Peyton anche quello del record di TD passati in assoluto.

La stagione 2019, vede al comando Jeff Brohm (coach al terzo anno), al fianco del fratello Brian. Sarà sofferta (molti prevedono 7 vittorie e 5 sconfitte), con la possibilità di essere corsari in trasferta ad Iowa e Evanston contro Northwestern.

Wisconsin Badgers

Wisconsin University

Il Midwest americano è stato la vera terra di conquista. Il football ne è la vera metafora, la sintesi della società americana: la conquista del territorio. Preso con qualsiasi mezzo. Chi arrivò per primo da Est in questa terra, dovette arrangiarsi come meglio poteva, e spesso i minatori e gli esploratori si rintanavano in grotte come i tassi, i badgers appunto.

Universalmente riconosciuta come una delle migliori università pubbliche d’America (è spesso annoverata come una Public Ivy), in una città che accoglie bene gli studenti (Madison è una graziosa cittadina che garantisce anche una buona qualità di vita), l’università è conosciuta anche per essere colei che ha dato vita alla scienza della nutrizione: nel 1907 i professori Babcock e Hart diedero vita all’esperimento del “Singolo grano”, per vedere se le mucche potessero sopravvivere grazie a dei mangimi specificamente studiati. Se oggi conosciamo la vitamina B12, e conosciamo la quantità giusta di ogni singola porzione per ogni singola persona, lo dobbiamo essenzialmente a questi due luminari.

Per quanto riguarda invece le gesta sportive del football, troviamo un altro quarterback: Russell Wilson. Il timone della squadra è affidato a Paul Chryst, e la previsione sarà quella di un buon 9-3 (sconfitte contro Ohio St, Michigan e Michigan St) per la stagione 2019. Se così sarà, vedremo i Badgers giocarsi un bel Bowl game nel 2020.

Iowa Hawkeyes

Kinnick Stadium Iowa

La maggior parte delle volte, il destino del futuro presidente degli Stati Uniti d’America, passa per lo stato dell’Iowa. È lo stato che fa partire le primarie, e la fiera di stato a Des Moines (dove il politico di turno deve farsi vedere con il corn dog, e trovate la famosa statua di burro che effigia una vacca) è presa d’assalto da tutti i cittadini. All’interno dell’Iowa si può tifare o per i Cyclones, o per gli Hawkeyes. Quando gli iowans escono dallo stato, tutti tifano per l’Iowa, senza distinzione di tifoseria.

L’università ha dato il titolo a numerosi futuri pundit della politica americana. Se il sondaggista è diventato un mestiere, lo si deve a George Gallup, che con il Gallup Poll è quello che tiene d’occhio il termometro della nazione.

Nonostante sia un college che sforna sempre talenti per la NFL, non ci sono giocatori che hanno lasciato un segno degno di nota, a parte Nile Kinnick, vincitore dell’Heisman Trophy quasi un secolo fa (1939), e gli hanno intitolato lo stadio (Kinnick è stato un aviatore per la Marina degli Stati Uniti).

Alla cabina di regia della squadra un vero veterano, Kirk Ferentz, alla sua 21sima stagione come head coach di Iowa. La previsione per questa stagione rimane positiva per la squadra, che molti analisti prevedono al futuro Citrus Bowl contro Texas A&M.

Ohio State Buckeyes

THE Ohio State University

THE Ohio State University! Quando sentite un giocatore, che si presenta nelle prime battute di una partita, mette sempre un piccolo accento sull’articolo. Un’istituzione ambita da tanti studenti statunitensi, indipendentemente che siano normali aspiranti matricole, o future star della NFL. Nata anch’essa come college d’agraria e politecnico, il 19simo presidente degli Stati Uniti Rutherford Hayes ne cambio il nome in Ohio State University quando era governatore dello stato.

Sono molti, moltissimi anche gli studenti-atleti che una volta formati a Columbus, prendono parte all’NFL e non solo. Per farne una lista di tutti coloro che hanno almeno militato nelle 32 squadre della Lega, bisognerebbe dedicare un articolo a parte.

Ci limiteremo a dire che a presiedere come capo allenatore è Ryan Day, che ha sostituito Urban Meyer la scorsa stagione per 3 partite, e quest’anno si prevede un 12-0 o 11-1 per i Buckeyes. Potrebbe tornare quindi Ohio State nelle gerarchie che contano?

Michigan Wolverines

Michigan Stadium The Big House

Non potevamo non parlare della powerhouse della Big Ten: Michigan University, con il suo Michigan Stadium, il più grande degli Stati Uniti e il secondo al mondo per capienza (110.601 posti) dopo il Rungrado 1st of May Stadium di Pyongyang. Originariamente, però non era ad Ann Arbor, ma a Detroit (fondata nel 1817 secondo le fonti). Le prime lezioni tenutesi ad Ann Arbor le vedremo solo nel 1841. Una vera Public Ivy (cioè quel gruppo di università pubbliche che per qualità dello studio e di ricerca possono quasi rivaleggiare con le varie Harvard, Yale e Princeton), che vede l’ex presidente Gerald Ford come il suo alunno più famoso. Ma l’università del Michigan è legata a doppio filo con l’Italia e con Rita Levi-Montalcini, che insieme a Stanley Cohen, vinsero insieme il premio Nobel per la Medicina e Fisiologia nel 1986.

E poi c’è lui, bello come il sole della California che l’ha fatto nascere, il quarterback meno apprezzato del suo draft, marito di una delle top model più quotate del sistema solare. Quando Robert Kraft, insieme al suo team lo prese, dissero “oh, ma se prendessimo un quarterback?”, a Foxborough e per gran parte della regione del New England (tranquilli, stiamo proprio parlando di LUI!) non hanno fatto altro che festeggiare. Thomas Edward Patrick Brady, per tutti Tom Brady. È il volto della NFL degli ultimi 15, forse 20 anni. Nessuno ha vinto tanto quanto lui, ed è ancora il giocatore di riferimento per il suo ruolo.

Da 5 anni, nella sala operatoria principale, c’è Jim Harbaugh (fratello di John, head coach dei Baltimore Ravens): bravo giocatore a livello sia collegiale che nella NFL, ancora meglio (forse) come allenatore sia tra i professionisti, che a livello universitario. Ma la speranza che la legnata rimediata contro Ohio st (sconfitta 39-62) non sia il prologo della nuova stagione 2019. Il trend è continuato anche al Peach bowl (sconfitta contro Florida 15-41). Torneranno ad essere la powerhouse della Big Ten?

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