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Dieci domande a Rocky Pentello

Ancona – Rocky Pentello, professione fenomeno. Con le sue statistiche da marziano, i suoi missili side arm e gli addominali da paura. Tutti in Italia lo ammirano e parlano di lui. Ma il meglio, garantisce Rocky, deve ancora venire. 1. Questo è il tuo terzo anno nei Dolphins: raccontaci come mai hai scelto Ancona, per […]



Ancona – Rocky Pentello, professione fenomeno. Con le sue statistiche da marziano, i suoi missili side arm e gli addominali da paura. Tutti in Italia lo ammirano e parlano di lui. Ma il meglio, garantisce Rocky, deve ancora venire.

1. Questo è il tuo terzo anno nei Dolphins: raccontaci come mai hai scelto Ancona, per giocare a Football.
A dire il vero io pensavo che sarei andato ai Rhinos Milano, perché da tempo ero in contatto (via mail) con l’allora coach Tato Zamichieli. Poi, però, la dirigenza Milanese scelse John Stocco. Allora Zamichieli, che sapeva quando desiderassi giocare in Italia, fece in modo di mettermi in contatto con coach Luchena, dei Dolphins. Mi trovai subito in sintonia con lui, fin dalle prime e-mail: e capii che Ancona poteva essere il posto giusto per me. Il resto, come si dice in questi casi, è già storia.
2. Le statistiche dicono che, dal 2009, le difese sono sempre peggiorate. E’ perché gli attacchi diventano sempre più forti, o ci sono altri motivi?
Personalmente non credo che siano le difese ad essere peggiorate, ma gli attacchi ad essere molto migliorati: per merito dei giocatori ma anche degli allenatori che hanno introdotto nuovi e più efficaci schemi di gioco. Ricordo che nel 2009 la maggior parte delle squadre si limitavano a giocare la tradizionale formazione Power I per cercare di controllare l’orologio con il gioco di corsa. Oggi, invece, molte squadre preferiscono la spread offense e questo gli consente di segnare un sacco di punti. Ma vedrete che le difese prima o poi si aggiusteranno e i punteggi diminuiranno. Magari già dal prossimo anno.
3. Quest’anno hai batuto praticamente tutti I record individuali per un quarterback (58 touch down su lancio , solo 5 intercetti, 3414 yds conquistate su lancio), e lo hai fatto con una linea offensiva che è sembrata tutt’altro che perfetta: la gente ti guarda giocare e si chiede: come mai questo qui non è nella NFL?
Quest’anno ho avuto la fortuna di avere a disposizione una pattuglia di ricevitori molto giovani, ma di grande talento, che hanno fatto vedere grossi miglioramenti. A loro si è poi aggiunto Tom Hausler, un’altra pedina fondamentale per il nostro attacco. La linea offensiva è migliorata ogni partita e francamente non potrei chiedere di meglio, come pass protection. L’avvio un po’ incerto dipende dal fatto che molti di loro giocavano in difesa, fino all’anno scorso: quindi hanno dovuto imparare un nuovo ruolo e – devo dire – sono veramente soddisfatto dello spirito e dell’impegno che hanno messo in questo delicato cambio di reparto. Loro, d’altra parte, farebbero qualsiasi cosa, per me: e spero che abbiano capito che io farei lo stesso, per loro. Per quanto riguarda la NFL, io sono contento di giocare con Ancona: ho avuto la mia chance con i Cleveland Browns nel 2007, ma la cosa non ha funzionato. Perciò mi sono messo l’animo in pace e capisco che non potrei essere più felice di essere dove mi torvo adesso: cioè nella stupenda città di Ancona.
4. Parlando di quarterback professionisti: c’è qualcuno che ammiri più degli altri e che ti ha fatto venir voglia di giocare qb?
Devo dire che da ragazzino mi piaceva molto di più il basketball, del football: infatti tutto il mio tempo libero, nella off season, lo dedicavo alla pallacanestro. Il football era uno sport che praticavo soltanto per far piacere a m io padre. Ma crescendo mi sono reso conto che il football era il mio futuro. Un modello da seguire, naturalmente l’ho avuto ed è Tom Brady: penso che sia il migliore di sempre, tra i qb, e non c’è giocatore che stimi di più. Un mio amico che gioca con i New Orleans Saints mi ha detto che nessuno nella NFL sente la competizione più di Brady e questo, se possibile, ha aumentato la mia ammirazione per lui. Insomma: è in gamba sia sul campo, sia fuori. E io cerco di fare lo stesso.
5. Oggi il Rugby è uno sport molto seguito, in Italia: c’è qualche possibilità che il football, prima o poi, raggiunga lo stesso grado di successo?
Spero che la popolarità del football aumenti, ma penso che da questo punto di vista qualche progresso si sia già visto. Rispetto al 2009 gli appassionati e l’interesse verso il nostro sport sono cresciuti parecchio. Secondo me dipende molto dalla visibilità mediatica del campionato IFL: maggiore sarà, più il football diventerà popolare. È il più bello sport del mondo ed è solo una questione di tempo, prima che diventi uno sport di massa.
6. Si dice che gli arbitri italiani non siano molto bravi, che facciano troppi errori e chiamino troppe penalità, così compromettendo la piacevolezza del gioco. Come giocatore, che ne pensi?
Sarò sincero: ho avuto anch’io i miei bei litigi con gli arbitri della IFL. Ma quello che dobbiamo metterci in testa è che sono esseri umani e gli esseri umani fanno errori. Fanno del loro meglio e questa è la cosa importante. Giocatori e allenatori devono rendersi conto che tutti fanno errori, non soltanto gli arbitri: quindi dobbiamo imparare a trattarli col rispetto che meritano e metterci in testa che, invece di criticarli continuamente, è meglio pensare a giocare.
7. Qual è la cosa più bella di giocare a football? E quella che ti piace meno?
La cosa più bella del football è vincere: non c’è niente di meglio che sapere di aver dato il massimo e, alla fine, uscirne vincitore. Rinuncerei a tutte le grandi statistiche che ho accumulato quest’anno per l’emozione di una partita di playoffs. Il vero obiettivo è vincere e in questa stagione, purtroppo, lo abbiamo mancato, anche se di pochissimo. Va da sé che la cosa peggiore del football è perdere: non c’è sensazione peggiore che rientrare negli spogliatoi dopo una sconfitta. Specialmente se perdi all’ultimo secondo e di un solo punto, come ci è capitato contro Bolzano e Bologna: è una cosa che ti distrugge.
8. Molti giocatori hanno rituali pre-partita che eseguono in modo maniacale, nella convinzione che li aiuti a giocare meglio. Vale anche per te?
Diversamente dalla maggior parte dei giocatori non sono particolarmente superstizioso. L’unica cosa che faccio è andare nella zona docce pochi minuti prima dell’inizio della partita per raccogliere le idee e pregare: chiedo al Signore di farci vincere e soprattutto di preservare me, i miei compagni e anche gli avversari dagli infortuni.
9. Football a parte: dicci tre cose che adori dell’Italia e tre cose che invece detesti.
Sono così tante le cose che mi piacciono dell’Italia che è difficile restringere la scelta a tre, ma ci proverò. Al numero uno senz’altro il kebab: c’è anche negli States, ma non è così buono. Numero due, sicuramente il nostro appartamento ad Ancona: è a due soli isolati dalla spiaggia e questo per me è un grande vantaggio, specialmente quando l’estate di avvicina. Al terzo posto metterei la storia e la cultura del vostro paese: ho visitato praticamente tutta l’Italia e sono veramente sbalordito dalla bellezza del territorio e dell’architettura: roba da togliere il fiato. Venendo alle cose negative, sono pochissime. La cosa mi piace meno, ovviamente, è la lontananza dalla mia famiglia: ho quattro nipotini che adoro ed è dura stare lontano da loro per mesi e mesi. Fortunatamente la tecnologia aiuta e, grazie ad invenzioni geniali come Skype, sento un po’meno il distacco. Una cosa che ho fatto molta fatica ad accettare, invece, è il vostro stile di guida: col tempo, tuttavia, mi sono abituato anche a questo e ormai non ci faccio più caso.
10. Quale è il tuo obiettivo nel football? Ti aspetti che la maglia col numero 2 venga ritirata, un giorno?
I mie obiettivi, nel football, sono più legati alla squadra che individuali. Io vorrei vincere il campionato per la città, per il grande presidente dei Dolphins, Leonardo “Bamba” Lombardo, per il nostro capo allenatore Gianni Luchena, e per tutti i miei compagni e amici. Non c’è miglior gruppo di loro e di sicuro lo meriterebbero. Vincere il titolo, per me, sarebbe molto più importante che vedere il mio numero ritirato. Adoro tutti i nostri allenatori e giocatori, per me sono come una famiglia e io lavoro sodo tutti i giorni per poter, un giorno, vincere il campionato. Spero proprio che il 2012 sia l’anno dei Dolphins.

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